Tutto
parla di Dio
Considerando che tutte le cose hanno un'origine comune,
Francesco chiamava le creature, per quanto piccole, col nome di fratello o
sorella: sapeva bene che tutte provenivano, come lui, da un unico Principio.
Abbracciava con maggior effusione e dolcezza quelle che portano in sé una
somiglianza naturale con la mansuetudine di Cristo: spesso riscattò gli
agnelli che venivano condotti al macello, in memoria di quell'Agnello
mitissimo, che volle essere condotto alla morte per redimere i peccatori.
Le stesse creature si sentivano
spinte a corrispondere con gratitudine a questo amore che il Santo donava
loro. Una volta, viaggiando attraverso la valle Spoletana, nelle vicinanze
di Bevagna, arrivò ad un luogo ove si era radunata una grandissima quantità
di uccelli di varie specie. Avendoli visti, il santo si accostò a loro,
salutandoli col modo consueto, come se fossero dotati di ragione. Poiché gli
uccelli non volavano via, egli si avvicinò e andando e venendo in mezzo a
loro, toccava col lembo della sua tonaca il loro capo e il loro corpo. Pieno
di gioia e di ammirazione, li invitò ad ascoltare volentieri la parola di
Dio, e così disse: «Fratelli miei uccelli! Dovete lodare molto il vostro
Creatore e sempre amarlo perché vi ha rivestito di piume e vi ha donato le
penne per volare. Infatti tra tutte le creature vi ha fatti liberi,
donandovi la trasparenza dell'aria. Voi non seminate né mietete, eppure Egli
vi mantiene senza alcuno vostro sforzo!». A tali parole, gli uccelli,
facendo festa, cominciarono ad allungare il collo, spalancare le ali, aprire
il becco, fissandolo attentamente. Né si allontanarono da là, finché, fatto
un segno di croce, non diede loro il permesso e la benedizione. Tornato dai
frati, cominciò ad accusarsi di negligenza, perché fino ad allora non aveva
mai predicato agli animali e da quel giorno esortò ogni creatura alla lode e
all'amore verso il Creatore.
Un'altra volta, a Greccio, offrirono all'uomo di Dio un
leprotto vivo. Fu lasciato libero, in terra, perché scappasse dove voleva.
Ma quello, sentendosi chiamare dal padre buono, gli corse vicino e gli saltò
in grembo. Il Santo, colmandolo di carezze, gli mostrava il suo affetto e la
sua pietà. Finalmente lo ammonì con dolcezza a non lasciarsi prendere
un'altra volta. Ma, benché lo avesse messo più volte in terra, perché
partisse, il leprotto ritornava sempre in grembo a Francesco, come se con un
senso nascosto percepisse la pietà del suo cuore. (FF 1145; 843ss)
Il
Cavaliere di Celano
Una volta, recatosi il beato Francesco a Celano per
predicare, fu da un cavaliere invitato a pranzare con lui. Egli si lasciò
convincere, costretto dall'insistenza. Giunse il momento del pranzo e venne
imbandita una splendida mensa. Francesco, levando gli occhi al cielo, chiamò
a sé l'ospite: «Ecco - gli disse - vinto dalle tue preghiere sono entrato
per mangiare in casa tua. Adesso obbedisci subito al mio avvertimento,
poiché tu non mangerai qui, ma in altro luogo. Ammetti con contrizione le
tue colpe, e non resti peccato in te che non confessi. Oggi il Signore ti
ricompenserà perché hai così devotamente accolto i suoi poverelli». Si
convinse subito quell'uomo alle parole sante e, chiamato un sacerdote, gli
svelò con sincera confessione tutti i suoi peccati. Diede disposizione per
la sua casa e se ne stava aspettando che si compisse la parola del Santo.
Infine tutti si sedettero a mensa e cominciarono a mangiare ma egli, dopo
essersi fatto il segno della croce, chinò il capo ed esalò lo spirito.
Quanto bisogna amare la confessione dei peccati, che ci permette di
accogliere senza paura sorella morte! (FF 864)