Il Santo Presepe di Gesù

Al di sopra di tutte le altre solennità celebrava con ineffabile premura il Natale del Bambino Gesù, e chiamava festa delle feste il giorno in cui Dio, fatto piccolo infante, aveva succhiato ad un seno umano. A questo proposito è degno di perenne memoria quello che il Santo realizzò tre anni prima della sua gloriosa morte, a Greccio, il giorno del Natale del Signore. Chiese a Giovanni, un suo amico abitante nel luogo: «Prepara quanto ti dico: vorrei rappresentare il Bambino nato a Betlemme, e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l'asinello». Appena l'ebbe ascoltato, il fedele amico andò subito a preparare nel luogo designato tutto l'occorrente, secondo il disegno esposto dal Santo.

E giunse il giorno del Santo Natale: Francesco si rivestì dei paramenti diaconali perché era diacono, e cantò con voce sonora il santo Vangelo: quella voce forte e dolce, limpida e sonora rapì tutti presenti. Poi parlò al popolo e con parole dolcissime rievocò il neonato Re povero e la piccola città di Betlemme. Spesso, quando voleva nominare Cristo Gesù infervorato di amore celeste lo chiamava «il Bambino di Betlemme», e quel nome «Betlemme» lo pronunciava riempiendosi la bocca di voce e ancor più di tenero affetto, producendo un suono come belato di pecora. E ogni volta che diceva «Bambino di Betlemme» o «Gesù», passava la lingua sulle labbra, quasi a gustare e trattenere tutta la dolcezza di quelle parole. Uno dei presenti, uomo virtuoso, ebbe una mirabile visione. Gli sembrò che il Bambinello giacesse privo di vita nella mangiatoia, e Francesco avvicinandosi a Lui, lo destasse da quella specie di sonno profondo. Né la visione prodigiosa discordava dai fatti, perché, per i meriti del Santo, il fanciullo Gesù veniva risuscitato nei cuori di molti che l'avevano dimenticato.

Terminata quella veglia solenne, ciascuno tornò a casa sua pieno di ineffabile gioia. Oggi quel luogo è stato consacrato al Signore, e sopra il presepio è stato costruito un altare e dedicata una chiesa ad onore di san Francesco, affinché là dove un tempo gli animali hanno mangiato il fieno, ora gli uomini possano mangiare, come nutrimento dell'anima e santificazione del corpo, la carne dell'Agnello immacolato, Gesù Cristo nostro Signore, che con amore infinito ha donato se stesso per noi. (FF 787; 468ss)

 

 

 

L’acqua dalla roccia

Il beato Francesco, desiderando andare in un eremo per attendere più liberamente alla contemplazione, poiché era molto debole, ottenne da un povero uomo un asino da cavalcare. Costui mentre saliva nella calura estiva per i viottoli montagnosi, seguendo l'uomo di Dio, fu preso dalla fatica del lungo cammino, e, prima di arrivare alla mèta, venne meno dalla sete. Si mise dunque a supplicare con insistenza il Santo, dicendo che sarebbe morto se non avesse bevuto qualche sorso d'acqua. Francesco subito discese dall'asino e, piegate a terra le ginocchia, alzò le mani verso il cielo, non cessando di pregare, finché si sentì esaudito. «Affrettati, disse al contadino, e troverai acqua viva, che in questo istante Cristo misericordioso ha fatto sgorgare dalla pietra».

Beve il contadino l'acqua sgorgata dalla roccia per virtù della preghiera del Santo: una sorgente d'acqua in quel luogo non c'era mai stata, né in seguito si è mai potuta ritrovare. (FF 837)