L’invenzione dell’Oratorio

L’ “inventione” è il termine che esprime, nelle testimonianze dei primi oratoriani, lo stupore suscitato dalla novità dell’esperienza escogitata da San Filippo e dalla carica di originalità e di freschezza che essa conteneva. Sicuramente ciò che attirava, più che un metodo o un programma, era la persona stessa di Padre Filippo: la sua preghiera semplice e fervorosa, il dialogo familiare sulla vita cristiana, le laudi nella lingua parlata, le allegre passeggiate, affascinavano perché era lui, con la sua ricchezza interiore, a colmare ogni cosa di significato e di valore. Tutti amano la compagnia di quel prete gentile e allegro che riesce a parlare di cose “serie” senza essere noioso.

 

Due curiosi precursori

Non c’è niente di preordinato nella nascita dell’Oratorio: tutto segue la spontaneità propria dello Spirito Santo, che come dice lo stesso Gesù “non si sa di dove venga e dove vada”. Lo Spirito di Dio preparerà un ambiente favorevole al sorgere dell’esperienza oratoriana fra le mura della Chiesa di San Girolamo, dove vivevano a quel tempo due sacerdoti veramente particolari, che influenzeranno notevolmente il nostro Santo. Il primo di essi, Persiano Rosa, fu scelto da Filippo come confessore. Egli mise ordine nella sua anima e lo indirizzò con forza verso il Sacerdozio, occupandosi anche della sua preparazione al ministero. Filippo, sospinto dal suo padre spirituale, sarà ordinato presbitero il 23 maggio 1551, all’età di 36 anni, da Mons. Giovanni Lunellio nella chiesa di san Tommaso in Parione.

L’altro personaggio che segnerà profondamente la spiritualità di Filippo sarà Buonsignore Cacciaguerra. Personaggio da romanzo, nasce a Siena nel 1494. Di famiglia ricca, aveva accresciuto il suo patrimonio commerciando a Palermo, dove viveva in una villa con cinquanta schiavi che provvedevano a servire lui e i suoi amici nei numerosi festini. Nonostante il lusso e i bagordi era interiormente tormentato. Dopo essersi miracolosamente salvato da un assalto di pirati e da un duello, decise di cambiare vita, lasciando le sue ricchezze al fratello e partendo pellegrino verso Compostela. In seguito si ritirò come eremita tra le montagne, dove crebbe rapidamente la sua fama di guaritore e di esorcista. Su consiglio di un eremita si recò a Roma, dove fu ordinato sacerdote nel 1547. Qui fu protagonista del risveglio della spiritualità eucaristica: esortava infatti i suoi fedeli a comunicarsi quotidianamente, cosa piuttosto anomala al tempo in cui  si riteneva sufficiente ricevere l’Eucaristia quattro volte l’anno. La sua idea spiritualmente rivoluzionaria trovò entusiasti sostenitori ma anche decisi oppositori. Filippo si inserì tra i primi e alla sua scuola imparò ad amare la celebrazione quotidiana dell’Eucaristia e la pratica dell’Adorazione del Santissimo Sacramento.

 

Nascita dell’Oratorio

Filippo si accorse presto che alla frequenza ai Sacramenti era necessario aggiungere una catechesi formativa che servisse alla crescita spirituale di ognuno: per questo, come racconta un antico biografo, “per poter fuggire l’ozio e le cattive conversazioni, causa di tutti i peccati, di giorno, dopo il pranzo, molti cominciarono a radunarsi intorno al loro Padre spirituale, e conferivano tra loro ora del modo di fuggire il peccato, ora di vincere le tentazioni, ora di acquistare le sante virtù, e questo attraverso il dialogo e il confronto. Cominciò Filippo a imporre ora a questo ora a quell’altro giovane che raccontasse qualche esempio spirituale, dal quale si potessero trarre esempi pratici per crescere nella perfezione cristiana” .

Dopo la lettura comune della parola di Dio o di qualche libro spirituale Filippo animava la conversazione, a cui tutti partecipavano con la propria testimonianza ed esperienza. Se qualcuno “scantonava” nei ragionamenti, lui rimetteva le cose nei giusti binari: ora risultava utilissima la sana dottrina imparata dalla Summa di San Tommaso. Trascinava tutti con il suo entusiasmo: “Bello e cortesia, impazzir por lo Messia” aveva detto Jacopone in una sua Laude, e questo in fondo era il nostro Santo: uno contento di essere impazzito per il Signore. Il suo “metodo” di evangelizzazione era quello di favorire un incontro personale e gioioso con Gesù Cristo, unica persona che può dare senso e bellezza alla propria vita. Le parole di Filippo attraevano e trascinavano perché nella sua persona era percettibile la presenza di qualcosa di grande; la sua umanità vera, abitata dalla Grazia, appassionata per la vita e il destino di ognuno, attraeva tutti.

La sua predicazione non era stilizzata e densa di retorica: egli non voleva accarezzare le orecchie ma piuttosto “ferire li cuori con le parole infocate dello Spirito”. Questo sarà lo “stile” della predicazione che cercherà di trasmettere anche ai suoi discepoli.