Peccati di gola

Filippo era solito dire ai suoi che non bisognava mangiare fuori dai pasti, altrimenti non sarebbero mai avanzati nella vita spirituale. Per questo cercava di correggere i più golosi con qualcuna delle sue tecniche persuasive.

Uno dei suoi era particolarmente ghiottone. Il Santo lo chiamò e gli chiese: “Qual è il cibo che ti fa peccare più spesso di gola?”. “Padre - rispose il giovane - non riesco a trattenermi di fronte ad un piatto di salame”.

Non ti preoccupare, adesso ci penso io a guarirti”. Il santo prese un coperchio di latta e con un pennello e la vernice rossa scrisse bello grosso ‘per aver mangiato il salame’. Poi fece due fori sul coperchio e con uno spago lo appese sulle spalle del giovane. Lo inviò a Campo de’ Fiori raccomandandogli di non togliersi il cartello per nessun motivo. Appena il giovane comparve sulla piazza tutti lo fissarono stupiti e dopo aver letto la scritta iniziarono a prenderlo in giro e a ridere tra loro. “Buona il salame, eh”, gli dicevano sghignazzando.

Alcuni giovani non si fermarono qui e visto che quel coperchio di latta sembrava un bersaglio ideale, iniziarono a tirargli i sassi. Il giovane, vista la malaparata, fuggì di corsa verso l’Oratorio. “Che ha detto la gente?”, gli disse Filippo al vederlo tornare. “Si sono messi a sfottermi e a tirarmi i sassi”. “Buon per te! E che ti serva da lezione per correggerti”, concluse il santo ridendo.

 

 

Schiaffi ai vicini e schiaffi ai lontani

Tra le attività di Filippo vi era anche quella di giocare con i ragazzi come fosse uno di loro. Gare di corsa, bocce o barzellette rientravano nel suo piano pastorale di guerra alla malinconia e al peccato, perché sapeva bene che “il diavolo ha paura della gente allegra”. Sopportava volentieri il baccano e gli schiamazzi dei suoi giovani. Amava dire: “Purchè non facciano peccati sopporterei anche che i miei ragazzi mi spaccassero la legna addosso”. Quando il rumore superava il tollerabile raccomandava loro: “State buoni, se potete”. A volte abbinava i suoi consigli con qualche scappellotto, e a chi si lamentava rispondeva “Non l’ho dato a te, ma al demonio che ti voleva tentare”. Qualche volta gli scappellotti arrivavano anche ai più grandi e per vie traverse. Una nobildonna aveva avuto un’accesa discussione con un suo parente e da allora non aveva più voluto rivolgergli parola. Per molto tempo perseverò nel suo ostinato silenzio, finchè una notte non sentì un forte schiaffo sulla guancia che la fece svegliare di soprassalto. Udì poi la voce del padre Filippo che le diceva: “Fino a quando vuoi restare così adirata?”. La donna rientrò in se stessa e subito si pacificò con il parente. Poi si recò a San Girolamo a ringraziare san Filippo per la sua dolorosa ma opportuna “correzione a distanza”.

 

 

Amici santi e burloni

Forse perché i bisogni della Roma di quel tempo erano numerosi e urgenti il Signore inviò molti santi a percorrere le strade della capitale. Mossi dallo stesso Spirito, ognuno con il suo carisma, si diedero un’invisibile appuntamento: sant’Ignazio di Loyola, un generale spagnolo convertito dalla vanità del mondo alla più alta vita spirituale, divenuto fondatore dei formidabili gesuiti; san Camillo de Lellis, un gigantesco soldato di ventura trasformato dal Signore in amorevole servo degli ammalati; san Carlo Borromeo, nipote di un papa che con la sua santità di vita darà inizio alla riforma del clero. Tutti questi santi Filippo conoscerà e stimerà, ma quello che più si avvicinerà al suo carattere e con cui stringerà una gioiosa amicizia sarà san Felice da Cantalice, un umile frate laico Cappuccino chiamato dal popolo “Fra Deo Gratias” perché questo era il modo con cui salutava la gente che incontrava per la via.

Ogni volta che i due si incontravano si facevano una grande festa e insieme creavano anche un gran baccano: “Potessi vederti morire ammazzato… per amore di Dio”, gli diceva Filippo. “E io potessi vederti squartato… per lo stesso amore”, rispondeva fra Felice. Insieme si mettevano per la via a tracannare un fiasco di vino, fingendosi ubriachi. E ubriachi lo erano davvero, ma dell’amore e della gioia di Dio…