Cesare Baronio
Uno dei primi discepoli del Santo fu Cesare Baronio. Giunto a Roma da Napoli per proseguire gli studi giuridici, dopo aver conosciuto San Filippo inizierà un intenso cammino di vita spirituale, “come pulcino sotto le ali della chioccia…allegro e contento e tutto soddisfatto”. Filippo lo incaricò di preparare ogni giorno per l’Oratorio una catechesi per illustrare ai suoi compagni la storia della Chiesa. Gli ordinò poi di scrivere, con un amore incondizionato alla verità, dei volumi che raccogliessero i suoi studi storici. Nasceranno così i famosi Annali, celebri per essere i primi libri di Storia della Chiesa scritti in maniera documentata e scientifica.
Per non farlo montare in superbia Filippo costringerà il suo discepolo a sottostare a ridicole umiliazioni e lo nominerà “Cuoco perpetuo” del convento. Quando però si ammalerà così gravemente da ricevere l’Olio Santo, dimostrerà in maniera straordinaria quanto amore aveva per questo suo figlio spirituale. Ascoltiamo il racconto dallo stesso Baronio: “Durante l’aggravarsi del mio male mi venne un poco di sonno, nel quale Dio mi mostrò questa visione: Vidi Gesù Risorto e la Madonna alla sua destra. Padre Filippo pregava il Signore insistentemente che mi rendesse la salute, dicendo: ‘Dammelo, rendimelo, lo voglio’, e questo dialogo durò a lungo, ma la grazia gli era negata. Il Padre si voltò allora a supplicare la Madre di Dio e attraverso la sua intercessione il Signore acconsentì che io continuassi a vivere. Così mi svegliai nella sicurezza di non dover morire. Raccontai tutta la visione a Padre Filippo e lo ringraziai della sue preghiere. Egli si schernì, dicendo che la mia era solo fantasia e che non bisogna credere ai sogni. Ma la verità di quello che mi era accaduto si manifestò attraverso i fatti, poiché rapidamente riacquistai la salute, meravigliando i dottori che mi davano ormai per spacciato”.
Francesco Maria Tarugi
In occasione del Giubileo straordinario indetto da Paolo IV nel 1555, entrò nell’Oratorio anche il brillante Francesco Maria Tarugi, parente dei papi Giulio III e Marcello II e di numerosi Cardinali. Viveva come cortigiano del Card. Ranuccio Farnese nello splendido palazzo che sorge vicino a S. Girolamo. Diverrà il prediletto di Filippo tra i sacerdoti della futura Congregazione, ed il Santo lo sceglierà come suo successore. Al dire del Cardinale Alessandro de’ Medici “nessuno a quel tempo in Roma era più dotato e di maggior qualità di lui. Da quando si pose nelle mani di Filippo, fu tutto suo e, superato l’ultimo ostacolo di ordine affettivo – per una circostanza che parve provvidenziale – da allora l’Oratorio fu la sua ragione di vita, e per sempre”.
L’”ostacolo di ordine affettivo” di cui accenna delicatamente il Cardinale è in realtà la passione del Tarugi per una nobildonna romana, che trattenne per lungo tempo il giovane nel darsi totalmente a Dio. Sarà la morte improvvisa della signora a spingere Francesco Maria alla completa conversione e alla totale dedizione all’Oratorio.
Dagli orpelli e dai lussi di cui era abituato si staccherà lentamente, camminando al fianco di uno come Padre Filippo.
Un pesce grosso
Tra i “pesci” ripescati da Filippo nel mare del peccato ve ne fu uno particolarmente grosso. Si tratta del milanese Prospero Crivelli, cassiere del Banco dei Cavalcanti, centro di usura e di frodi d’ogni genere. Le ricchezze accumulate gli permettevano ogni genere di lusso e di divertimento e, purtroppo, anche ogni tipo di vizio dissoluto. Nauseato dal male si promise di cambiare vita, confessandosi dal gesuita padre Polanco. Nonostante la buona volontà non riusciva però a liberarsi dalla sue vecchie schiavitù. Quando il suo confessore per scuoterlo dal torpore gli negò l’assoluzione corse piangendo da padre Filippo, di cui aveva sentito parlare con ammirazione. Il Santo, dopo averlo rincuorato gli disse: “Sta tranquillo: io pregherò per te e presto sarai liberato da ogni male”. Così avvenne: il Crivelli abbandonò ogni vizio e si diede con fervore alla preghiera e alle opere di carità.
Quando lo stesso banchiere si trovò ammalato fece testamento e nominò erede dei suoi beni l’ignaro santo. Quando Filippo lo venne a sapere andò da lui e gli disse: “Ho saputo che vuoi lasciarmi i tuoi soldi. Sappi che io non voglio nulla! Anzi, andrò oggi stesso a chiedere a San Pietro la grazia di guarirti”. Il Santo si recò subito in Vaticano e dopo qualche ora il malato si alzò dal letto, sano come un pesce.