Un periodo difficile

Nei primi anni di vita a San Girolamo, Filippo dovette affrontare una difficile situazione. Amministratore della casa era divenuto Vincenzo Teccosi, il quale, nella sua mentalità ristretta, non riusciva a concepire il rinnovamento del culto eucaristico proposto dal Cacciaguerra e neppure il nascente e rumoroso gruppo di giovani dell’Oratorio attirati da Padre Filippo. Fu battaglia aperta, anche se da un fronte solo: una sottile guerra psicologica attuata dal Teccosi soprattutto nei confronti del nostro santo. Egli assoldò due ex religiosi e li nominò responsabili della sacrestia di San Girolamo. Questi avevano ricevuto l’incarico di ostacolare la celebrazione quotidiana della Santa Messa ed architettavano ogni sistema per rendere impossibile la vita a Filippo: gli preparavano i paramenti più scadenti e più sporchi, nascondevano i calici e le ampolline, urlavano e facevano un chiasso indiavolato durante la celebrazione. Di fronte a questo comportamento irriguardoso e blasfemo Filippo scelse la via della pazienza, prendendo anche da questa persecuzione l’occasione per mortificarsi e offrire a Dio la propria umiliazione. Fece sempre finta di non accorgersi di nulla e mantenne con i due il suo atteggiamento cordiale. Non che tutto questo non gli costasse fatica, anzi… Passarono tre lunghi anni ma alla fine la bontà di Filippo ebbe la meglio: i due si conventirono e rientrarono nei conventi da dove erano fuoriusciti e lo stesso Teccosi, artefice della persecuzione, divenne uno dei migliori amici di Filippo. Alla sua morte lascerà i suoi beni al Santo, che tratterrà per se solo un orologio: forse per ricordarsi che l’amore paziente vince tutto..!

 

 

L’amore mette le ali ai piedi..

Quando Filippo celebrava l’Eucaristia era catturato dal fervore mistico e il suo cuore iniziava a palpitare in maniera vistosa. Al contrario dei comuni cristiani che devono raccogliersi per sfuggire alla distrazione egli invece doveva distrarsi per sfuggire all’estasi. Per questo, prima della S. Messa, si trastullava giocherellando con gatti e canarini o cantando canzoni popolari. Nonostante queste premure quando si avvicinava all’altare iniziava a tremare e il fuoco gli bruciava nel petto. Al momento della Comunione il suo volto si illuminava di gioia e non riusciva più a staccare la bocca dal calice. Lo stringeva con i denti, tanto da lasciarne le impronte, e ne beveva a piccoli sorsi, con gli occhi fissi al crocifisso. Spesso lo si sentiva esclamare: “E’ proprio sangue! E’ sangue vivo!”. Allora si emozionava e le lacrime cominciavano a scendere in abbondanza. A volte, attirato da una forza invisibile, si sollevava da terra alla vista stupita di coloro che assistevano alla celebrazione, e per molto tempo restava sospeso in aria, con lo sguardo fisso al cielo e la faccia luminosa come il sole. Le sua labbra si muovevano, ma nessuno comprendeva le parole di quel dialogo amoroso.