Era la vigilia del ventunesimo compleanno di Sophie. «Quasi non riesco ancora a credere che domani potrò veramente cominciare l'Università », aveva detto, dandole la buona notte, alla mamma, la quale se ne stava nel corridoio a stirare le camicette di lei. Sul pavimento stava un baule aperto, pieno di vestiti e di biancheria stirata di fresco, e delle mille piccolezze che occorrevano a Sophie per il suo nuovo ménage di studentessa. Accanto al baule stava una borsa con una torta croccante, dorata e fragrante. Sophie si chinò per aspirarne il profumo, e scopri una bottiglia di vino lí accanto. Aveva dovuto sospirare a lungo quella giornata.

C'era voluta davvero molta pazienza. Prima c'era stato il servizio del lavoro: sei mesi che sembravano non aver mai fine. E poi, quando stava per balzare nella libertà tanto agognata, ecco un'altra barriera. Aveva dovuto dedicare altri sei mesi al servizio ausiliario di guerra. Non voleva certo lasciarsi andare a dei sentimentalismi; ma non v'erano parole per descrivere quel che aveva sofferto in quel periodo... Il lavoro non le aveva mai fatto paura. Ma il resto: la costrizione, la vita collettiva nel campo, la convenzionalità. E anche questo, alla peggio, sarebbe stato sopportabile, se le sue convinzioni non l'avessero costretta in una posizione difensiva strenua e continua. Le sembrava che fosse un'imperdonabile mancanza di carattere da parte sua muovere anche solo un dito in favore di uno Stato fondato sulla menzogna, sull'odio e sull'oppressione. «Voglio che procediate diritti e liberi nella vita», aveva detto il babbo. Oh, come poteva essere indicibilmente difficile riuscirvi! Questo conflitto era sembrato talvolta a Sophie superiore alle sue forze, ed essa aveva finito per sentirsi sola fra le molte ragazze che prestavano insieme a lei il servizio del lavoro. Cosí si teneva del tutto in disparte e cercava di dare l'impressione di non esistere. Le compagne pensassero di lei quel che volevano; ella doveva ascoltare la voce che parlava cosí chiaramente in lei. Aveva imparato a conoscere in quel periodo la nostalgia e l'abbandono. Ma aveva conservato due delle abitudini prese a casa, in quel mondo totalmente diverso, dalle quali non defletteva; e che erano come due ancore di salvezza in quel mare estraneo e pieno di assurdità. L'una era il bisogno che provava di curare il suo corpo come se fosse stato quello di un bambino. L'altra era la lettura delle Confessioni di Agostino. Era severamente proibito avere libri propri. Aveva nascosto in luogo sicuro le Confessioni. Vi aveva trovato una massima scritta per lei ‑ sí, proprio per lei ‑; eppure era vecchia di piú di mille anni. « Tu ci hai creati per andare a Te, e il nostro cuore è inquieto fin quando non trova pace in Te» . Ahimè! non era piú l'antica nostalgia infantile d'un tempo. Era molto di piú. Il mondo sembrava talora a Sophie un luogo infinitamente estraneo, squallido, abbandonato da Dio. Gli uomini avevano la meravigliosa possibilità di amarsi; e non sapevano far altro che darsi dolore.

Aveva scoperto una cappelletta nei pressi del campo, e vi era andata qualche volta. Era bello sedere all'organo e sonare, e non far altro nelle pause che meditare e ascoltare la voce della natura, nella quale il suo mondo lacerato si ricomponeva dolcemente, riacquistando ordine e significato. Aveva approfittato di ogni attimo di libertà per sgattaiolare fuori, nel grande parco che circondava il campo, ai cui margini si estendevano ovunque boschi e prati. Si era coricata in silenzio sull'erba, divenendo ella stessa un piccolo elemento della natura. I caprioli mordicchiavano senza paura l'erba intorno a lei e gli scoiattoli l'annusavano liberamente, per poi rifugiarsi al piú lieve fiato, con la velocità di un rosso lampo, sopra un abete. Com'era bella la linea di quegli abeti, con quanta placidità vegetavano quegli alberi. Com'era bello il muschio che cresceva intorno al loro tronco, traendo con tanta naturalezza il nutrimento dalle sue energie. Come era grande e incomprensibile la vita!

Sophie sentiva che la sua pelle era diventata fine e porosa, come se avesse potuto imbeversi della bella e meravigliosa esistenza delle cose. Ma ecco che il conflitto intimo si riaccendeva nella sua anima e riattirava il mondo intero nella sua tristezza.

Ora però era libera. E l'indomani sarebbe partita per Monaco, imprimendo alla sua vita il corso desiderato. Sarebbe andata all'Università, da Hans...

La mamma se ne stava ancora nel corridoio a stirare. Passava con cura il ferro sulle camicette di Sophie. Era dunque giunta a questo punto anche lei, la minore delle sue figlie, la sua piccola cocciutella. Che ne sarebbe stato di lei? Un'ondata di speranza le gonfiò il cuore. Oh, avrebbe saputo cavarsela, dovunque l'avessero posta: tutto quello che intraprendeva le riusciva. I pensieri della mamma, che vagavano da un figlio all'altro, finirono col fermarsi sul minore, che si trovava in Russia. Chi sa cosa faceva in quel momento? Oh, se la guerra fosse finita e avessero potuto riunirsi di nuovo tutti attorno al tavolo familiare! Si inginocchiò e chiuse il baule. «Sono nelle mani di Dio», disse fra sé, e si mise a fare ordine. Canterellava piano durante il lavoro, e ad un tratto si accorse che era il vecchio canto con cui spesso aveva addormentato i suoi figli: « Spiega le tue ali.. ».

Il cuore solitamente tranquillo della mamma era travagliato a volte da una grossa, sconosciuta inquietudine. Qualche tempo prima il campanello aveva sonato a un'ora insolita del mattino; e tre agenti della polizia segreta avevano chiesto del babbo. Prima c'era stato un lungo colloquio, indi avevano perquisito l'appartamento. Poi se n'erano andati conducendo con sé il babbo. In quell'ora sentimmo fin nel nostro essere piú profondo la nostra tremenda impotenza. Che cosa rappresentava un essere umano in questo Stato? Un granello di polvere che si poteva togliere con la punta di un dito. Solo per una circostanza particolarmente favorevole, che aveva del miracoloso, il babbo venne poi rilasciato. Gli avevano fatto tuttavia comprendere che il " caso " non era ancora chiuso. Era stato denunciato da un'impiegata alla quale aveva imprudentemente detto cosa pensava di Hitler. In presenza di lei lo aveva definito un flagello mandato da Dio all'umanità.

Che sarebbe accaduto ora? A volte eravamo pieni di speranza che tutto si sarebbe volto al bene. Ma quella sensazione lancinante, che ci raggelava, si insinuava sempre piú nei nostri cuori, che cioè una tremenda spada di Damocle era appesa ad un filo, che poteva precipitare da un momento all'altro sopra il nostro capo. E nessuno sapeva a chi sarebbe toccato nell'istante successivo.

« Che questo bimbo sia salvaguardato »,  finí di cantare imperturbabile la mamma. Quel giorno, la gioia di Sophie e i molti preparativi da fare per la sua partenza, avevano fugato la preoccupazione dal suo animo.

Mi sembra ancora di vederla, mia sorella, il mattino seguente, pronta per partire e piena di aspettazione. Si era appuntata alla tempia una margherita gialla, presa fra i doni ricevuti per festeggiare il suo compleanno. Come stava bene coi capelli bruni che le pendevano lisci e lucenti sulle spalle! I grandi occhi scuri si guardavano intorno con aria scrutatrice, e tuttavia con profondo e caldo interesse. Il suo viso era ancora molto infantile e delicato. Esprimeva un po' della curiosità che induce un giovane animale ad annusare tutto, e al tempo stesso una grande serietà.

Allorché il treno di Sophie entrò finalmente nella stazione di Monaco, ella scorse subito il volto allegro del fratello. Oh, come tutto assunse d'un tratto un'aria familiare! « Questa sera conoscerai i miei amici », le disse Hans, il quale procedeva alto e sicuro accanto a lei.

La sera si ritrovarono tutti nella stanza di Hans. Sophie e la sua torta erano al centro dei festeggiamenti. Si sentiva indicibilmente a suo agio in quell'ambiente, sebbene fosse ancora un po' spaesata fra tutte quelle novità.

Christi ebbe l'idea di leggere delle poesie; gli amici avrebbero dovuto indovinarne gli autori. Il giuoco affascinò tutti. « Ora vi proporrò un indovinello molto difficile », esclamò entusiasmato Hans. Trasse dal portafoglio un foglio dattiloscritto, e lesse i versi seguenti:

 

Da un antro oscuro salta fuori

un ladrone per vagare;

vorrebbe mettersi a tagliar borse,

ma trova cose di maggior valore:

trova una contesa

sorta per un'inezia, un folle sapere,

una bandiera lacerata,

un popolo stordito.

Ovunque vada, trova

vuoto da carestia;

e può procedere senza vergogna.

Diventa un profeta;

appoggia i suoi piedi di furfante

su un immondezzaio

e sibila i suoi saluti

al mondo attonito.

Avvolto nell'infamia

come in una nuvola,

mentitore al cospetto del popolo,

s'innalza ben presto al potere,

con l'aiuto di un pugno di uomini

che, siano in posizione elevata o bassa,

spiano l'occasione propizia

e si offrono alla sua scelta.

Distribuiscono la sua parola

come fecero gli apostoli, un tempo,

coi cinque pani.

E cosí la parola di lui continua a sbriciolarsi.

Dapprima il cane era solo a mentire;

ora sono in mille;

e come una tempesta di crescente potenza,

cosí fruttifica ora il suo talento.

Cresce alto il seminato, mutato è il paese.

La massa vive nell'ignominia

e ride della nefanda azione.

Si è ora avverato

quel che si era veduto all'inizio:

i buoni sono scomparsi,

e i malvagi si sono raccolti.

Se un giorno questa lunga

al par del ghiaccio avversità

sarà spezzata,

se ne parlerà come della peste.

E i bimbi leveranno

uno spaventapasseri sulla landa

per tramutare, bruciandolo,

il dolore in gioia,

e in luce il passato terrore.

 

Seguí un attimo di silenzio, in cui tutti trattenevano il fiato.

 « E’ magnifico », disse stupefatto Christl.

 « Fantastico, Hans. Dedicalo al Fiihrer e regalaglielo per il suo compleanno».

 « Beh, se credete che sia opera mia, vi sbagliate ».

 Gli ascoltatori entusiasmati fecero una ridda di nomi. Si rovistò tutta la letteratura contemporanea; ma invano.

 « E’ stato scritto cent'anni fa e nientemeno che da Gottfried Keller».

 «Tanto meglio. Possiamo farlo stampare senza dover corrispondere diritti d'autore e inondarne con un aereo tutta la Germania ».

 Sophie si ricordò della bottiglia di vino. Alex propose di andare a metterla in fresco al Giardino inglese. «Guardate la luna, grande e gialla come un uovo al tegamino ben riuscito. Bisogna che ce la godiamo». Andarono al Giardino inglese e, assicurata la bottiglia ad una lunga cordicella, la immersero nelle fredde acque dell'Isar trascinandosela dietro allegramente. Alex aveva portato con sé la balalaika e incominciò a cantare. Hans diede di piglio alla chitarra e Willi si mise a fischiettare con le dita. Erano improvvisamente come rapiti in estasi, e cantavano, sfrenati, allegri e ammaliati.

Sophie quella notte dormi in casa del fratello. Ripensava alla serata trascorsa. Prima, gli studenti avevano parlato del loro lavoro negli ospedali civili e militari, in cui prestavano servizio durante le vacanze.

«Non c'è niente di piú bello che passare così da un letto all'altro e tenere nelle mani la vita minacciata degli ammalati. Allora trovo dei momenti in cui la mia felicità è senza limiti», aveva detto Hans. «Ma non è assurdo », domandò a un tratto qualcuno, « che noi ce ne stiamo a casa nelle nostre stanze a studiare come si guariscono gli uomini, mentre fuori lo Stato manda a morire ogni giorno innumerevoli giovani? Che cosa aspettiamo? Che un giorno la guerra sia finita e che tutti i popoli puntino il dito su di noi dicendo che abbiamo sopportato un simile governo senza opporre resistenza?».

La parola " resistenza " era stata pronunciata ad un tratto. Sophie non ricordava piú chi l'avesse detta per primo. In tutti i paesi d'Europa la resistenza si svegliava, tra gli stenti e il terrore e l'oppressione entrativi col dominio di Hitler.

A Sophie passò per la mente, prima di addormentarsi, la poesia di Gottfried Keller, e le sembrò di vedere, già quasi in sogno, un cielo azzurro sopra la Germania pieno di fogli volanti, che scendevano in un turbine sulla terra. D'un tratto udí Hans dire: «Ci vorrebbe un ciclostile». «Come fare per averlo?» «Dimentica quello che ho detto, sorellina. Non volevo disturbarti».

Per il tramite di un giovane teologo evangelico venimmo a conoscenza in quel tempo delle "rettifiche" che lo Stato stava preparando, per apportarle ai dogmi cristiani dopo la vittoria finale. Erano terrificanti ed empie violazioni, progettate cautamente alle spalle degli uomini che si trovavano al fronte e dovevano sopportare disagi indicibili.

Altrettanto misteriosamente si stavano approntando delle disposizioni riguardanti donne e fanciulle, che avrebbero dovuto compensare dopo la guerra queste terribili perdite umane con una politica demografica pianificata, quanto spudorata. Durante una grande assemblea studentesca, il Gauleiter Giessler aveva già gridato alle studentesse che avrebbero fatto meglio a non gironzolare per le università, durante la guerra, e a «donare invece un bimbo al Fuhrer».