Un uomo finito trova l'Infinito
 

Intanto lui, il provocatore nato, nel 1912 esce con l'opera 'Un uomo finito'. In quest'opera si aprono inattesi squarci, dai quali si intravede un'anima disperata…, un'anima alla ricerca della luce.
Scrive: "Tutto è finito, tutto è perduto, tutto è chiuso. Non c'è più nulla da fare. Consolarsi? Neppure. Piangere? Ma per piangere ci vuole ancora dell'energia, ci vuole un po' di speranza! Io non son più nulla, non conto più, non voglio niente: non mi muovo. Sono una cosa e non un uomo. Toccatemi: sono freddo come una pietra, freddo come un sepolcro. Qui è sotterrato un uomo che non poté diventare Dio" .
Parole inquietanti di un uomo di trentuno anni appena, parole che riecheggiano le diaboliche affermazioni di Federico Nietzsche! Però, nella stessa opera, Giovanni Papini lancia un grido, una invocazione, quasi una preghiera: "Io non chiedo né pane, né gloria, né compassione. Ma chiedo e domando, umilmente, in ginocchio, con tutta la forza e la passione dell'anima, un po' di certezza: una sola, una piccola fede sicura, un atomo di verità. Ho bisogno di un po' di certezza, ho bisogno di qualcosa di vero. Non posso farne a meno; non so più vivere senza. Non chiedo altro, non chiedo nulla di più, ma questo che chiedo è molto, è una straordinaria cosa: lo so. Ma la voglio in tutti i modi, a tutti i costi mi deve essere data, se pur c'è qualcuno al mondo cui preme la mia vita. Senza questa verità non riesco più a vivere e se nessuno ha pietà di me, se nessuno può rispondermi, cercherò nella morte la beatitudine della piena luce o la quiete dell'eterno nulla" .