Il nome della rosa
Medioevo contraffatto
Marco Tangheroni
Direttore del Dipartimento di Medievistica
dell'Università di Pisa
Da diverse settimane si sta proiettando in tutta
Italia, non saprei dire con quale successo, ma certamente col supporto di una
adeguata campagna di sostegno, il film Il nome della rosa liberamente
tratto dall'omonimo romanzo di Umberto Eco. Si tratta di un film
poliziesco, di scarsa sostanza anche come "giallo", ambientato, però, nel
Medio Evo, e più precisamente in un'abbazia del XIV secolo. Proprio a questo
proposito desidero intervenire per avvertire gli spettatori meno esperti di
storia che tutta la descrizione fatta nel film di quell'epoca è completamente
falsa.
Di certo anche i più sprovveduti tra gli
spettatori non dubitano, credo, che i tipi, i ritratti, le ambientazioni sono
forzate all'estremo: tanto vistosi infatti sono i particolari caricaturali e
grotteschi che, sulle prime, ma ahimè erroneamente, si potrebbe pensare alla
presenza di una qualche forma di ironia. Ma attenzione: non si tratta della
forzatura di qualcosa che abbia una qualche parentela, anche soltanto vaga,
con la realtà storica.
Il film accoglie, per esasperarla, una vecchia,
illuministica, falsificatrice visione del Medio Evo; essa era già
riconoscibile e riconosciuta come falsa allora, quando fu, con intenti
dichiaratamente anticristiani, formulata; che venga riproposta oggi, dopo che
la conoscenza storica tanto è avanzata nello studio, in tutti i suoi aspetti,
di quel millennio che va sotto il nome di Medio Evo è francamente esasperante
e sarebbe incredibile se non si sapesse di quanto l'odio per il cristianesimo
e la voluta ignoranza sono capaci.
Bertoldo potrebbe rispondere facilmente al suo
granduca. Com'era il popolo? Credulone e superstizioso, pauroso ed ignorante.
Com'erano i monaci? Ricchi, golosi, spietati, viziosi, oscurantisti, nemici
della vita. Quale periodo attraversava allora la Chiesa? Un lungo periodo
buio, pieno di crudeltà ed ignoranza. Cosa facevano i poveri? Morivano di fame
assillati dalle tasse.
Colleghi mi hanno detto che in fondo tutto è
così falso che non vale nemmeno la pena di parlarne. Ma milioni e milioni di
persone nel mondo subiscono, intanto, il bombardamento di una menzogna che
certamente, grazie alla forza delle immagini, lascerà il segno. Allora, per
quel poco che posso, sento di dover protestare.
Protesto, dunque, un po' demoralizzato, come
professore di storia medievale che vede oltraggiati duecento anni di faticose
ricerche negli archivi e nelle biblioteche, duecento anni di sforzi per
avvicinarsi alla comprensione della realtà storica.
Protesto, indignato, come uomo di cultura che
vede un certo regista Jean-Jacques Annaud, gonfiato dal denaro dei produttori
e dalle voci servili o comprate di molti giornalisti, farsi beffe di ogni
dovere morale e intellettuale di rispettare la verità storica.
Protesto, amareggiato, come cristiano che vede
insultato un periodo glorioso della storia della Chiesa e constata che anche
in campo cattolico voci che dovrebbero vigilare si piegano in modo supino e
ridicolo a ripetere la vecchia "leggenda nera" anticristiana.
Non ho qui lo spazio per tentare, foss'anche
minimamente, una sintesi o un'esemplificazione del debito che l'umanità ha
contratto, secolo dopo secolo, con il monachesimo e con i monaci; s'intenda:
un debito culturale, tecnologico, materiale, anche al di là di ogni
considerazione di ordine religioso e spirituale. E neppure ho lo spazio per
confutare tante menzogne, di sostanza e di dettaglio. Ma che il
lettore-spettatore si guardi intorno, in questo nostro paese benedetto, ove il
Medio Evo ha lasciato, quasi a ogni angolo, così tante, e luminose, tracce di
sé: e immediatamente l'incantesimo svanirà, mostrandosi così per cartapesta
volgare quel che non è altro, in effetti, che cartapesta volgare.
Resta, tuttavia, un sospetto più vivo
sull'ambiguo romanzo di Umberto Eco, il quale, da parte sua, si è mantenuto
nell'ambiguità a proposito dei rapporti tra la sua opera letteraria e la
pellicola che oggi vorrebbe ripeterne lo strepitoso successo. Sarà forse ora
più facile metterne a nudo, dietro l'abilità della costruzione, la
scorrevolezza della pagina, il pudore di chi ha studiato un po' di storia e di
filosofia medievali, la sostanziale e illuministica indifferenza verso la
verità storica.