Giordano Bruno

di Rino Cammilleri (mensile il Timone)

L'affaire "Giordano Bruno" fu un fatto tutto interno alla Chiesa, e la cultura laica o del "libero pensiero" non c'entrano affatto. Giordano Bruno era un prete domenicano e la Chiesa aveva tutto il diritto di chiedergli conto di quel che andava predicando a destra e a manca. Le idee, infatti non sono armi spuntate e innocue. Certo, alla mentalità odierna può sembrare eccessivo perseguire qualcuno per quel che predica, ma alla fine del Cinquecento non si pensava così. Quell'epoca aveva visto sanguinosissime guerre di religione, tutte scatenate dalle prediche di monaci come Lutero e preti come Calvino. Il dissenso religioso era, insomma, pura dinamite a quell'epoca, e la Chiesa era costretta a serrare i suoi ranghi e mantenere stretta vigilanza sui suoi uomini. In più, il Bruno aveva un'accusa di tentato omicidio sul capo, e c'è chi giura che abbia venduto molti cattolici inglesi ai tribunali di Elisabetta I. La religione che predicava non era nemmeno cristiana, ma magico-egizia, un guazzabuglio di teorie simil-New Age infarcito di orribili bestemmie su Cristo, gli Apostoli, la Madonna. Neanche Venezia, tradizionale rifugio di eretici, lo volle: arrestato e consegnato a Roma, per otto lunghi anni lo si scongiurò di rientrare nell'ovile. Il suo processo, reso interminabile dalle sue abiure e controabiure, fu quanto di più giuridicamente corretto si potesse trovare a quel tempo. La fama del Bruno cominciò solo nell'800, all'epoca dell'anticlericalismo liberal-massonico più acre. Prima, quasi nessuno sapeva chi fosse.