IL MISTERO... LA RISURREZIONE

 

Nel giorno in cui il Signore vorrà,  
ci ritroveremo insieme  nella nostra vera Patria  
a cantare le lodi di Dio. 

 

Pier Giorgio muore a ventiquattro anni, ad un passo dalla laurea. I suoi ultimi mesi di vita sono tormentati da una forte sofferenza interiore. 
Diverse sono le cose che lo angustiano. Anzitutto l’acuta tensione tra i genitori, di fronte alla quale Pier Giorgio e Luciana sono gli unici in grado di mantenere l’unità della famiglia. 
Quando Pier Giorgio sente crescere dentro di sé l’amore per la “fucina” Laura Hidalgo, avverte la grandezza dei problemi che ciò potrebbe suscitare in famiglia. Laura è una ragazza “di Azione Cattolica”, e questo in casa è causa di poca considerazione. Per Pier Giorgio, rampollo di famiglia prestigiosa, erede designato de “ La Stampa “, ben altra è la sposa desiderata. 
Si confida con Luciana. Poi prende una decisione: rinuncia al suo amore. Il lungo allenamento a mettere da parte se stesso per donarsi del tutto e senza riserve è arrivato al suo punto più alto. “Distruggere una famiglia per crearne una nuova sarebbe un assurdo e una cosa alla quale non è neanche il caso di pensare. Sarò io il sacrificato; però se Iddio vuole così, sia fatta la sua volontà”. E’ una dura battaglia. Il travaglio interiore è lacerante. Si confida con pochissimi, ai quali chiede continuamente di pregare per lui. Ma la sofferenza non cede mai alla tristezza: la fede resta salda, sa che Dio non abbandona i suoi figli. 
Nel gennaio del ‘25 Luciana sposa un diplomatico polacco e si trasferisce all’Aja. Pier Giorgio sente scivolare sulle sue spalle tutto il peso della situazione familiare. Quando, a giugno, il padre gli fa chiedere tramite un cronista di entrare a “La Stampa”, e quindi di rinunciare al sogno di lavorare da ingegnere, tra i minatori, ancora abbassa il capo e dice di sì. 
“Ormai sono vicino a raccogliere ciò che ho seminato”. Così scrive a Marco Beltramo il 15 giugno. In questa frase è forse racchiuso il mistero di Pier Giorgio. La morte lo raggiunge e lo prende, rapida. In sei giorni la poliomielite fulminante stronca il suo fisico forte. Pier Giorgio si consuma in silenzio, progressivamente paralizzato nel letto, mentre la famiglia è presa dall’agonia della anziana nonna e non si accorge della gravità del suo male. Non una richiesta, non una pretesa, non una lamentela escono dalle sue labbra. Nulla per sé, anche se la morte avanza. Nessuna paura: sa di andare tra le braccia di Dio. 
Con la mano semiparalizzata scrive un  biglietto per i suoi assistiti della san Vincenzo; è venerdì, il suo giorno di visita: non se ne è dimenticato. 
Si spegne serenamente il 4 luglio, due giorni dopo la nonna, tra la disperazione dei familiari. Aveva detto ad un amico: “Il giorno della mia morte sarà il più bello della mia vita”. 
L’angoscia dei familiari si tramuta subito in stupore. Quando si sparge per Torino la notizia della morte di Pier Giorgio, comincia un incredibile pellegrinaggio. Giovani, anziani, uomini, donne, benestanti, poveri, rendono visita al loro “amico”. Una fila di volti sconosciuti, di persone che amano quel giovane così buono, generoso, da cui tante volte o anche una sola hanno ricevuto una parola, un sorriso, un aiuto. 
La folla che partecipa il 6 luglio ai suoi funerali è immensa. Non richiamata dal suo cognome illustre: in tanti hanno scoperto solo ora che Pier Giorgio è un Frassati. Di lui sanno ciò che hanno visto, o sentito dire: la sua umiltà, il suo donarsi, il bene profuso, la fede trasparente. 
In questo giorno Pier Giorgio comincia a svelarsi. Anche coloro che gli erano più vicini solo ora si accorgono di ciò che non hanno saputo vedere con chiarezza. 
Pian piano tutti i tasselli della sua vita vengono alla luce, e ci si rende conto che compongono un mosaico di impressionante testimonianza cristiana. 
Grazie all’impegno di amici e specialmente di Luciana Frassati, che si dedica a raccogliere testimonianze su Pier Giorgio e pubblica volumi arricchiti dai suoi preziosi ricordi personali, la figura di Pier Giorgio si definisce sempre meglio nel tempo in tutta la sua complessità e la sua bellezza. 
Molti giovani assumono Pier Giorgio come riferimento: la sua vita è eloquente e ricca di suggerimenti per chi desidera testimoniare al mondo l’amore di Cristo morto e risorto per gli uomini.

 

Testimonianze

Quel che colpiva in lui era la sua purezza, la sua gioia raggiante, la sua pietà, la sua libertà di figlio di Dio per tutto quello che c’è di bello nel mondo, il suo senso sociale, la coscienza che aveva di condividere la vita e il destino della Chiesa. Ma quello che più stupisce è che tutto questo appariva in lui così naturale e di una spontaneità così calda e virile! La sua fede non aveva nessuna «spiegazione» umana. Frassati non era cristiano né per reazione contro la generazione liberale e anticlericale dei suoi genitori, né per non saprei quale motivo «culturale».

La sua fede si nutriva della sostanza stessa del cristianesimo: Dio c’é, la preghiera è il lievito dell’esistenza, i sacramenti sono l’alimento della vita eterna, la fraternità universale la legge delle relazioni umane.

E’ qui che appare il carattere misterioso, ribelle a rigore di logica, detta grazia divina: in un ambiente dove si considera il cristianesimo «sorpassato» ecco che sorge un cristiano, un cristiano che respira la gioia di vivere, che non ha niente di settario, un cristiano che vive il suo cristianesimo con una spontaneità  da fare quasi paura: si direbbe che non ha problemi. Di fatto li ha affogati a prezzo di chissà quali, sofferenze nella grazia della sua Fede. In breve, un uomo di preghiera, un uomo che mangia ogni giorno il pane della morte e della vita, un uomo consumato d’amore per i suoi fratelli.

(Karl Rahner S.J.)

 

Passava anche per un animo semplice, forse non molto intelligente; non era scolaro brillante, la laurea rappresentava per lui soprattutto un dovere d’obbedienza, una disciplina. Quest’immagine di Pier Giorgio, nella morte, si trasformò. Si scoprì un’altra intelligenza, ma di quelle che sfuggono all’apprezzamento del mondo, perché fin dall’infanzia si era formata e diretta in un altro senso.

(Guido Piovene)