Ma poco tempo dopo si scatenò una nuova ondata di arresti. E in un secondo processo (lo apprendemmo un venerdí santo in carcere) il Tribunale del popolo, oltre a comminare una serie di pene detentive, pronunciò altre tre condanne a morte: contro il professor Huber, Willi Graf e Alexander Schmorell.

Fra gli appunti del professor Huber, il quale aveva continuato instancabilmente a occuparsi, anche in carcere, prima e dopo la condanna, dei suoi studi, fu trovata la bozza, che riportiamo, delle «Ultime parole dell'accusato». Queste parole, secondo quel che è stato riferito, furono ripetute, almeno quanto al senso, davanti al Tribunale del popolo:

Come cittadino tedesco, come professore universitario tedesco e come essere politico, considero non solo un diritto, ma un dovere morale, cooperare al destino della Germania, svelare dei mali evidenti e combatterli... Ciò a cui miravo era il risveglio degli ambienti studenteschi, non mediante un'organizzazione, ma attraverso semplici parole, per provocare, non un gesto di violenza, ma la comprensione morale dei gravi mali presenti della vita politica. Il ritorno a principi chiari, morali, allo Stato di diritto, alla mutua fiducia tra gli uomini, non è un'illegalità, ma, al contrario, il ripristino della legalità. In conformità all'imperativo categorico di Kant, mi sono domandato che cosa sarebbe accaduto se questa massima soggettiva del mio agire fosse divenuta legge generale. Non c'è che una risposta: si ristabilirebbe 1'ordine, la sicurezza, la fiducia nel nostro ordinamento statale, nella nostra vita politica. Tutti coloro che sono dotati di senso di responsabilità morale, unirebbero le loro voci alla nostra contro il minaccioso, tirannico predominio della mera violenza sul diritto, del mero arbitrio sopra la volontà del bene morale. L'esigenza della libera autodeterminazione anche del piú piccolo gruppo etnico viene brutalmente soffocata in tutta Europa, non meno del diritto alla salvaguardia delle caratteristiche razziali e nazionali. L'esigenza fondamentale, quella cioè di una vera comunità nazionale, è annientata dalla sistematica distruzione della fiducia reciproca fra i suoi membri. Non v'è giudizio piú terribile su una comunità nazionale, che dover confessare, come tutti dobbiamo fare, che nessuno si sente sicuro dei propri vicini, né il padre dei propri figli.

Ecco ciò che volevo, dovevo. C'è un limite estremo in cui ogni legalità esteriore diviene mendace e immorale, e ciò avviene quando essa si trasforma nel paravento della viltà, che non osa prendere posi­zione contro una palese violazione del diritto. Uno Stato che soffoca ogni libera manife­stazione del pensiero, e commina le pene più terribili per qualsivoglia critica, moral­mente giustificata, per ogni proposta di miglioramento, bollandole come " preparazione all'alto tradimento , infrange un diritto non scritto, che è sempre stato vivo "nel sano sentimento popolare", e che deve rimanere tale.

 La conclusione delle considerazioni del professor Huber dev'essere stata piú o meno la seguente:

Ho raggiunto lo scopo di esprimere questo avvertimento e questo monito non in un piccolo gruppo privato di persone che discutono fra loro; ma a persone responsabili, alla sommità del potere giudiziario. Metto la mia vita a repentaglio per questo monito, per quest'ardente preghiera di tornare indietro. Esigo che sia restituita la libertà al nostro popolo. Non vogliamo trascinare in catene da schiavi la nostra breve vita, neanche se fossero le catene d'oro della dovizia materiale. Mi hanno tolto il grado e le prerogative di professore universitario, e la laurea ot­tenuta summa cum laude, e mi hanno messo al livello del delinquente piú abbietto. Ma nessun processo per alto tradimento può togliermi la dignità morale di professore universitario, che proclama apertamente, coraggiosamente la propria concezione filosofica e politica. L'inflessibile cammino della storia giustificherà la mia azione e il mio volere: questa mia fiducia è salda come una roccia. Spero in Dio che le forze spirituali che lo giustificano possano sprigionarsi dal mio stesso popolo ancora in tempo. Ho agito secondo quanto una voce interna mi imponeva di fare. Ne accetto le conseguenze, in armonia con

le belle parole di Johann Gottlieb Fichte:

E agisci come se

solo da te e dal tuo operare

dipendesse la sorte di tutto

ciò ch' è tedesco,

e tu ne dovessi rispondere.