Via Crucis

meditazioni di Paul Claudel

 

STAZIONE PRIMA

È finita. Abbiamo tenuto giudizio di Dio e l'abbiamo condannato a morte.

Non vogliamo più Cristi con noi, perché essi ci impacciano.

Non abbiamo ormai altro re che Cesare, altra legge che il sangue e il denaro.

Appiccatelo alla croce, se vi pare, ma levatecelo dagli occhi: qualcuno lo conduca via!

Tolle, tolte! Tanto peggio: poiché È necessario che lo si scanni e a noi si liberi Barabba!

Pilato sta seduto nel luogo detto Gabbatha.

- Hai nienme da dire? - dice Pilato. E Gesù non risponde.

- Io non trovo alcuna colpa in quest'uomg - dice Pilato - <.span>

Ma che egli˜vada a morte, poiché vi sta tanto a cuore. Io ve lo do. Ecce homo.

Eccolo, con la corona in capo e la pirpora sulle spalle. $/o:p>

Un'ultima –olta su di noi quegli ocËhi pieni di lacrime e di sangue.

Cosa possiamo farci? Mon vi è alcun modo di tenerlo con noi più a lungo.

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Come era •no scandalo per i Giudei, egli è in mezzo a noi una cosa che manca di senso.

La sentenza d'altra parte è data, ineccepibile, in lingua ebraica greca latina.

E si vede la turba gridare e il giudice che si lava le mani.

 

STAZIONE SECONDA

Gli danno ancora i suoi abiti e gli pjrtano la croce.

- Io ti saluto - dice Gesù - o Croce dô tanto tempo bramata.

E tu, guarda, cristiano, e fremi. Ah, momento solenne,

Quando il Cristo per la prima volta prende la Croce eterna.

Consumazion- in questo giorno dell'albero del Paradiso!

Guarda, peccatore, e contempla a che cosa il tuo peccato%è servito.

Ormai nessuna colpa senza un Dio al di sopra e nessuna croce senza il Cristo.

Certo la sofferenza dell'uomo è grande, ma non c'è niente da dire.

Poiché Dio è ora al di sopra, Egli che non è venuto per dichiarare, ma per compiese.

Gesù prende la Croce come noi prendiamo la Santa Eucarestia.

 

- Noi gli diamo del legno per pane - come è detto dal profeta Geremia.

Ah, come è lunga, enorme e malagevole la croce,

Come è dura e inerte, come è grave il peso del peccatore infruttuoso,

Come è lunga da portare passo a passo fino a morirci sopra!

Sei tu che devi portare questo, da sole, Signore Gesù?

Fa' anche me paziente al legno che tu vuoi farmi portare.

Poiché noi dobbiamo portare la croce prima che la croce ci porti.

 

STAZIONE TERZA

In cammino! Vittima e torturatori insieme, il gruppo si istrada verso il Calvario.

Dio trascinato per la gola all'improvviso barcolla e casca a terra.

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Cosa dici, Signore, di questa prima caduta?

E poiché, ora, sai che cosa ne pensi? Questo momento,

Quando si casca e il mal portato carico abbatte di schianto.

Come la trovi, questa terra che tu stesso hai creata?

Ah, non soltanto la strada della giustizia è scabra,

Quella del male, ugualmente, è perfida e traditora.

Non si ha solo da camminare difilato, bisogna impararla pietra a pietra,

E il passo spesso tradisce, mentre il, cuore è ostinato.

Ah, Signore, per i tuoi ginocchi benedetti, que­sti due ginocchi che ti sono mancati di botto,

Per il soprassalto improvviso e la caduta al principio dell'orribile strada.

Per il mal passo che ti ha tradito, per la terra che hai assaggiata,

Salvaci dal primo peccato che ci prende di sor­presa.

 

STAZIONE QUARTA

Madri che avete veduto morire il primo e unico figliuolo,

Ricordate quella notte, l'ultima, accanto alla piccola creatura che si lamenta,

L'acqua che si tenta di dare a bere, il ghiaccio, il termometro,

E la morte che avanza lenta né si può oramai disconoscere.

Mettetegli le sue povere scarpe, mutatelo di panni e pannolini.

Qualcuno viene che sta per portarmelo via e metterlo dentro la terra.

Addio, figliolino dolce! addio, carne della mia carne!

La quarta Stazione è Maria che ha accettato tutto.

 

Sta in un canto della strada ad attendere il Ricco di ogni Povertà.

I suoi occhi sono asciutti, la sua bocca senza umidore. .

Ella non dice niente e guarda Gesù venire.

Ella accetta. Ella accetta un'altra volta.‑ L'urlo è severamente contenuto nel cuore forte e torchiato.

Ella non dice niente e guarda Gesù Cristo.

La Madre guarda il Figliuolo, la Chiesa il Redentore.

La sua anima con violenza si avventa verso lui come l'urlo di un soldato moribondo.

Ella sta ritta davanti a Dio e gli dà a leggere la sua anima.

Niente nel suo cuore che dica di no o riprenda.

Nessuna fibra nel suo cuore trapassato che non accetti e consenta.

Come Dio stesso che è là, essa è presente.

Ella accetta e guarda il Figliuolo che ha con­cepito nelle sue viscere.

Non dice niente e guarda il Santo dei Santi.

 

STAZIONE QUINTA

Viene il momento che non ce la fa più e non si può avanzare.

A questo punto, si effettua il nostro inseri­mento e tu permetti

Cha siamo adoperati anche noi, magari per forza, intorno alla tua Croce.

Cosi Simone il Cireneo che viene attaccato a questo tronco di legno.

Egli lo impugna saldamente e avanza dietro a Gesù,

Affinché niente della Croce strascichi e vada perduto.

 

STAZIONE SESTA

Tutti i discepoli sono fuggiti, Pietro stesso rinnega con foga.

Una donna nel colmo dell'insulto e nel cerchio della morte

Si lancia e trova Gesù e gli prende il volto tra le mani.

 

Insegnaci, o Veronica, a sfidare il rispetto umano.

Poiché quegli per il quale Gesù Cristo non è solamente una figura, ma è vero,

Agli altri uomini subito diventa odioso e sospetto.

La sua norma di vita è capovolta, i suoi motivi sono oramai diversi dai loro.

Qualcosa in lui, sempre, sfugge ed è altrove.

Un uomo grande e grosso che dice il rosario e va ‑ l'impudente ‑ alla confessione,

Che fa di magro il venerdì e si mostra in mezzo le donne alla messa,

È cosa che mette il riso e urta, diverte e anche irrita.

Stia guardingo su ciò ce fa, perché gli occhi si appuntano sopra di lui.

Stia guardingo su tutti i suoi passi, perché egli è un segno.

Perché ogni cristiano del suo Cristo è figura vera, anche se indegna.

E il volto che egli mostra è il riflesso triviale

Di questa Faccia di Dio nel suo cuore, abbominevole e trionfante.

 

Lasciacela guardare ancora una volta, Veronica,

Sul lino dove tu l'hai raccolta, la faccia del Santo Viatico.

Questo mantile di pio lino dove la Veronica ha nascosto

La faccia del Vendemmiatore nel giorno della sua ebrietà,

Affinché per sempre la sua immagine si stampasse,

Intrisa del suo sangue, delle sue lagrime e dei nostri sputi.

 

STAZIONE SETTIMA

Non è il sasso sotto il piede, né la cavezza

Tirata troppo rudemente, è l'anima a crollare di schianto.

O meriggio della nostra vita, caduta cosciente!

Quando la calamita non ha più potenza e la fede non ha più cielo,

Perché la strada è lunga e la meta è lontana,

Perché intorno è la solitudine e manca ogni consolazione.

Lunghezza del tempo, ripugnanza segreta e crescente

Della rigida ingiunzione e di questo compagno di croce!

Perciò si allargano tutte e due le braccia come uno che nuota.

Non si cade più sui ginocchi ma col volto in avanti.

E il corpo a cadere, ma anche l'anima ‑nello stesso momento ha detto di si.

Salvaci dalla seconda caduta che l'uomo fa con volontà piena, per il tedio.

 

STAZIONE OTTAVA

Prima di salire un'ultima volta sulla monta­gna,

Gesù alza il dito e si volta verso il popolo che lo accompagna,

Alcune povere donne in pianto coi loro figli in braccio.

E noi, non guardiamo solo, ma ascoltiamo Gesù, perché è là.

Non alza il dito un uomo dentro questa pove­ra stampa,

È Dio che per la nostra salvezza non ha patito soltanto sopra un dipinto.

Quest'uomo era il 'io Onnipotente, è dun­que vero!

Vi ha un giorno nel quale Dio ha patit# que­sto per noi, realmente!

Che pericolo è dunque quello dal quale siamo stati salvati a tale prezzo?

La salvezza dell'uomo è faccenda così da poco che il Figlio

Per effettuarla si deve togliere a forza dal seno del Padre?

Se clsi è per il Paradiso, che cosa è dunque l'Inferno?

Che si farà della legna secca, se si fa a questo modo della legna verde?

 

STAZIONE NONA

«Sono caduto ancora e, questa volta, è finita.

Vorrei rialzarmi, ma non vi ha più maniera.

Perché sono stato torchiato come un frutto e l'uomo che porto sulle spalle è troppo pe­sante.

Ho fatto il male e l'uomo morto con me è troppo pesante.

Moriamo dunque, perché è più facile giacere sul ventre che rimanere diritto,

Morire più che vivere, restare sotto la croce che sopra».

 

Salvaci dal terzo peccato che è la disperazione.

Niente è perduto fino a che resta la morte da gustare.

È finita con questo legno, ma mi rimane il ferro.

Gesù cade la terza volta, ma in vetta al Cal­vario.

 

STAZIONE DECIMA

Ecco l'aia dove il grano di frumento celeste è battuto.

Id Padre è nudo, il velo del Tabernacolo è lacerato.

La mano si abbatte su Dio, la Carne della Carne sussulta,

L'Universo coNpito nella sua radice trema fino al fondo delle sue entragne.

Noi, poiché essi hanno tolta la tunica e la veste inconsutile,

Alziamo±gli occhi e prendiamo ardimento a guardare Gesù il puro.

 

Essi non ti hanno lasciato niente, o Signore, hanno preso tutto,

Fino al vestimento che sta al contatto della carne, come oggi

Si spoglia il monaco@del suo saio e li vergine consacjata del suo velo.

 

Hanno preso tutto, non gli resta più niente da coprirsi.

Non ha più alcuna difesa, è nudo come un bruco, !0/span>

È dato in bMlìa a tutti gli uomuni e denudato.

Che è codestl il vostro Geså! Mette addosso il riso. è tuXto pesto e insozzato.

È un soggetto da alien¡{ti e db questura.  

<° class="MsoNormal" style="mso-pagination: noFe; line-height: 100%; margin: 0">Tauri pingues obsederunt me. Libera me, Domine, de ore canis.

 

Egli non è il Cristo. Non è il Figlio dell'uomo. Non è Dio.

Il suo vangelo è bugiardo e suo Padre non è nei cieli.

È un matto! È un ingannapopoli! Parli! Taccia!

Il servo di Anna lo colpisce con una guanciata e Renan lo bacia.

Hanno preso tutto. Ma egli resta il sangue scarlatto.

Hanno preso tutto. Ma egli resta la piaga che folgora.

Dio è nascosto. Ma egli resta l'uomo dei dolori.

Dio è nascosto. Egli resta il mio fratello in pianto!

Per la tua umiliazione, Signore, per la tua vergogna,

Abbi pietà dei vinti, del debole superato dal forte!

Per l'orrore di questo ultimo vestimento che ti tolgono,

Abbi pietà di tutti quelli che sono lacerati!

Del bambino operato tre volte che il medico incoraggia,

E del povero ferito al quale si rifà la fasciatura,

Dello sposo umiliato, del figlio accanto alla madre moribonda,

E di questo tremendo amore che dobbiamo  sterparci dal cuore.

 

STAZIONE DECIMA PRIMA

Dio, ecco, non è più in mezzo a noi. È per terra.

Il branco serrato lo ha preso alla gola, come un cervo.

Tu sei dunque venuto. Tu sei veramente con noi, o Signore!

Chi si è messo a sedere sopra di te, chi punta il ginocchio sopra il tuo cuore.

Questa mano che il carnefice torce, è la destra dell'Onnipotente.

Si è legato l'Agnello per i piedi, si configge l'Onnipotente.

Si segna col gesso sulla croce la sua altezza e l'apertura delle sue braccia.

E quando egli sta per assaggiare i nostri chio­di, noi potremo vedere tutta la sua figura.

Figliuolo Eterno, circoscritto solo dalla tua Infinitezza,

Ecco tra noi il breve spazio che ti sostiene, tanto bramato.

Ecco Elia sul morto giacere per tutta la sua lunghezza.

Ecco il trono di Davide e la gloria di Salo­mone,

Ecco il letto delle nostre delizie con te, gros­solano e duro!

È difficile per un Dio ridursi alla nostra misura.

Tirano e il corpo, mezzo rotto, scricchiola e geme,

È stretto come un frantoio, è orrendamente ferito in ogni membro,

Affinché il profeta sia giustificato, che l'ha predetto in queste parole:

«Hanno forato le mie mani e i miei piedi. Hanno contato tutte le mie ossa».

 

Sei preso, Signore, e non puoi fuggire.

Sei inchiodato alla croce con le mani e coi piedi.

Io non ho altro da cercare in cielo con l'eretico e il folle.

A me basta questo Dio che sta tra quattro chiodi.

 

STAZIONE DECIMA SECONDA

Egli pativa, certo, fino a questo punto, ma ora sta per morire.

La Grande Croce nella notte palpita un poco col Dio che respira.

Non manca niente. Basta lasciare allo stru­mento di fare la sua opera:

Esso, senza arrivare al fondo, dal congiungi­mento delle due nature,

Dal profondo del corpo e dell'anima e della ipostasi, estrae e cava

Tutta la possibilità di patire che è in lui.

Egli è interamente solo come Adamo quando era solo nell'Eden,

Egli è per tre ore solo e assapora il vino,

L'ignoranza invincibile dell'uomo nell'allonta­namento di Dio.

Il corpo del nostro ospite diventa peso e la sua fronte si china poco a poco.

Egli non vede più sua Madre e suo Padre lo abbandona.

Egli assapora il calice e la morte lo intossica, adagio.

Non ti basta dunque questo vino aspro e me­scolato con l'acqua,

Poiché, all'improvviso, ti raddrizzi e gridi: Sitio?

Hai sete, o Signore? Questa parola è per me?

Sono io del quale hai bisogno ancora e dei miei peccati?

Sono io a mancare prima che tutto sia con­sumato?

 

STAZIONE DECIMA TERZA

Qui la Passione ha fine, e il Compianto séguita.

Il Cristo non è più sulla Croce, è con Maria che l'ha accolto:

Come ella lo accettò, promesso, ella lo acco­glie, consumato.

Il Cristo che ha patito davanti agli occhi di tutti di nuovo è nascosto nel seno di sua Madre.

La Chiesa tra le sue braccia per sempre rac­coglie il suo Diletto.

La parte di Dio, la parte della Madre, l'opera dell'uomo,

Tutto ciò sta sotto il suo mantello, con essa per sempre.

Essa l'ha preso, vede, palpa, prega, piange, ammira.

Essa è il sudario e l'unguento, essa è la sepol­tura e la mirra.

Essa è il prete e l'altare, il vaso e il Cenacolo.

Qui termina la Croce e incomincia il Taber­nacolo.

 

STAZIONE DECIMA QUARTA

Il sepolcro dove il Cristo morto dopo la pas­sione è collocato,

La cavità aperta in fretta perché egli dorma la sua notte,

Prima che trafitto risusciti e salga al Padre,

Non è soltanto questa sepoltura nuova, è la mia carne,

È l'uomo, la tua creatura, che è più profondo della terra.

Dacché il suo cuore è aperto e le sue mani sono forate,

Non c'è più croce tra noi alla quale il suo corpo non si adatti,

Non c'è più peccato dentro di noi al quale la sua piaga non risponda.

Vieni dunque dall'altare dove stai celato verso di noi, Salvatore del mondo.

Signore, come la tua creatura è aperta, e quanto è profonda!