Accoglimi, Signore Gesù,

vero amico degli uomini,

allo stesso modo con cui accogliesti la peccatrice,

il buon ladrone, il pubblicano e il figliol prodigo;

liberami dal peso dei miei peccati.

Tu che togli i peccati del mondo,

guarisci le infermità degli uomini

e invita a riposarsi coloro che sono stanchi ed afflitti.

Tu che non sei venuto a chiamare i giusti,

ma i peccatori a penitenza,

purificami da ogni macchia del corpo e dello spirito,

e insegnami a diventare migliore.

(Dalla Liturgia Greca)

 

Dal vangelo di Luca

Gesù uscì e vide un pubblicano di nome Levi seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi!». Egli, lasciando tutto, si alzò e lo seguì. Poi Levi gli preparò un grande banchetto nella sua casa. C'era una folla di pubblicani e d'altra gente seduta con loro a tavola. I farisei e i loro scribi mormoravano e dicevano ai suoi discepoli: «Perché mangiate e bevete con i pubblicani e i peccatori?». Gesù rispose: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori a convertirsi».

 

PRIMA DI PARLARE....

Da una lettera di san Girolamo a san Paolino da Nola

«I contadini, i muratori, i fabbri, i lavoranti in metallo e in legno, i tessitori, e in genere quelli che forniscono articoli vari e cose di poco valore, non possono diventare quel che desiderano senza un maestro.

I medici fanno i medici, i fabbri maneggiano gli attrezzi dei fabbri. C’è solo una scienza, quella delle Scritture, che tutti, senza distinzione, attribuiscono a se stessi: Incolti e colti, senza distinzione, scriviamo poesie. Questa scienza è quello che la nonnetta chiacchierona, il vecchio rimbambito, il cavillatore parolaio, e in genere tutti quanti si arrogano, fanno a brandelli, insegnano prima di aver imparato […] e, come se fosse poco, con una certa facilità di parola e anche con audacia spiegano agli altri quel ch'essi non capiscono. Taccio dei miei colleghi, i quali, se per caso, dopo aver coltivato le lettere profane, arrivano alle sacre Scritture […] adattano alla propria opinione testimonianze incongruenti, come se fosse un magnifico e non un pessimo sistema di parlare il distorcere frasi e piegare alla propria opinione la Scrittura, benché questa vi si opponga […] Questi comportamenti sono infantili e simili al gioco dei ciarlatani: insegnare ciò che ignori, anzi, per dire una cosa che mi ripugna, non saper neppure di non sapere».

 

NON È AFFARE TUO BADARE ALLE SCRITTURE?

di San Giovanni Crisostomo

 A questo vi esorto, e non cesserò mai di esortarvi: che non solo qui badiate a ciò che si dice, ma anche che a casa vostra siate sempre fedeli alla lettura delle divine Scritture. Anche i miei intimi non cesso mai di esortarli a ciò. E non mi dica qualcuno, con parole fredde, degne di essere gravemente condannate: «Io tratto cause nel foro, svolgo pubblici uffici, sono impegnato nel mio mestiere; ho moglie, devo nutrire i miei figli, ho da badare alla casa: leggere le Scritture non è affare mio, ma di coloro che hanno abbandonato tutto, che abitano in cima ai monti, che conducono un tal genere di vita». Che dici, o uomo? Non è affare tuo badare alle Scritture perché sei stretto da mille preoccupazioni? Invece è precisamente più tuo che di quelli. Essi non hanno tanto bisogno dell'aiuto che proviene dalle divine Scritture, come coloro che si trovano in mezzo a mille faccende. I monaci infatti, lontani dalla piazza e dal tumulto della piazza, hanno eretto i loro tuguri nella solitudine e non hanno rapporti con nessuno: si danno con libertà alla meditazione in quella pace e tranquillità e come in un porto godono di grande sicurezza. Ma noi, come in mezzo al mare infuriato, siamo stretti da mille peccati, lo vogliamo o no, e abbiamo sempre bisogno della consolazione delle Scritture. Quelli siedono lontani dalla battaglia e perciò non riportano molte ferite; tu invece sei sempre in prima linea e di frequente vieni colpito, per questo hai più bisogno di medicamenti di quelli. La moglie ti esaspera, il figlio ti addolora, il servo ti muove a ira, il nemico ti insidia, l'amico ti invidia, il vicino ti oltraggia, il collega ti fa lo sgambetto; spesso anche la giustizia ti minaccia, la povertà ti affligge, la perdita dei cari ti getta nel dolore, la fortuna ti gonfia, la disgrazia ti deprime. Mille motivi, mille necessità di ira e preoccupazione, di turbamento e afflizione, di vanto e disperazione ci circondano d'ogni parte e da ogni parte volano mille strali: per questo abbiamo incessantemente bisogno dell'armatura delle Scritture. Infatti le passioni della carne sono più gravi per quelli che vivono in mezzo alla folla: la bellezza del volto, lo splendore del corpo ci colpisce attraverso gli occhi, il discorso osceno entra attraverso l'udito e ci turba il pensiero; spesso un canto effeminato ci rammollisce la vigoria dell`anima. Ma perché dico ciò? Spesso ciò che sembra essere ancora meno di tutto questo, cioè il profumo di unguenti che promana dalle donne di strada, così da solo ci prende e fa prigionieri. Tanto numerosi sono i nemici che assediano la nostra anima: abbiamo bisogno del farmaco divino per guarire le ferite ricevute e per evitarne altre, e spegnere da lontano e respingere gli strali del diavolo con la lettura assidua delle Scritture divine. Non è possibile, non è possibile che qualcuno si salvi, se non si dedica costantemente alla lettura spirituale delle sacre Scritture.    (Omelie su Lazzaro, 3,1-2)

 

Dalle "Omelie" di san Beda il Venerabile, sacerdote

Gesù lo guardò con sentimento di pietà e lo scelse. Gesù vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: "Seguimi" (Mt 9, 9). Vide non tanto con lo sguardo degli occhi del corpo, quanto con quello della bontà interiore. Vide un pubblicano e, siccome lo guardò con sentimento di amore e lo scelse, gli disse: "Seguimi". Gli disse "Seguimi", cioè imitami. Seguimi, disse, non tanto col movimento dei piedi quanto con la pratica della vita. Infatti " chi dice di dimorare in Cristo, deve comportarsi come lui si è comportato " (1 Gv 2, 6). " Ed egli si alzò, prosegue, e lo seguì " (Mt 9, 9). Non c'è da meravigliarsi che un pubblicano alla prima parola del Signore, che lo invitava, abbia abbandonato i guadagni della terra che gli stavano a cuore e, lasciate le ricchezze, abbia accettato di seguire colui che vedeva non avere ricchezza alcuna. Infatti lo stesso Signore che lo chiamò esternamente con la parola, lo istruì all'interno con un'invisibile spinta a seguirlo. Infuse nella sua mente la luce della grazia spirituale con cui potesse comprendere come colui che sulla terra lo strappava alle cose temporali, era capace di dargli in cielo tesori incorruttibili. "Mentre Gesù sedeva a mensa in casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e si misero a tavola con lui e con i discepoli" (Mt 9, 10). Ecco dunque che la conversione di un solo pubblicano servì di stimolo a quella di molti pubblicani e peccatori, e la remissione dei suoi peccati fu modello a quella di tutti costoro. Fu un autentico e magnifico segno premonitore di realtà future. Colui che sarebbe stato apostolo e maestro della fede, attirò a sé una folla di peccatori già fin dal primo momento della sua conversione. Egli cominciò, subito all'inizio, appena apprese le prime nozioni della fede, quella evangelizzazione che avrebbe portato avanti di pari passo col progredire della sua santità. Se desideriamo penetrare più a fondo nel significato di ciò che è accaduto, capiremo che egli non si limitò a offrire al Signore un banchetto per il suo corpo nella propria abitazione materiale ma, con la fede e l'amore, gli preparò un convito molto più gradito nell'intimo del suo cuore. Lo afferma colui che dice: " Ecco sto alla porta e busso; se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me " (Ap 3, 20).Gli apriamo la porta per accoglierlo, quando udita la sua voce, diamo volentieri il nostro assenso ai suoi segreti o palesi inviti e ci applichiamo con impegno nel compito da lui affidatoci. Entra quindi per cenare con noi e noi con lui, perché con la grazia del suo amore viene ad abitare nei cuori degli eletti, per ristorarli con la luce della sua presenza. Essi così sono in grado di avanzare sempre più nei desideri del cielo. A sua volta, riceve anche lui ristoro mediante il loro amore per le cose celesti, come se gli offrissero vivande gustosissime.

 

 

O Spirito di fuoco, sia lode a te
che operi nei timpani e nelle cetre.
Le menti degli uomini s'infiammano di te.
Tu hai sempre la spada per recidere
ciò che la mela velenosa offre con funesto omicidio.
Quando la ragione si abbassa ad opere malvagie,
tu, quando vuoi, la stringi e l'annienti,
e poi la ripari infondendole esperienza.
Quando il male sfodera la sua spada verso di te,
tu lo colpisci al cuore, come facesti col primo angelo perduto,
quando scagliasti nell'inferno la torre della sua superbia.
Ed ivi un'altra torre a difesa elevasti sui pubblicani e i peccatori,
quando a te confessano peccati ed opere.
Per questo tutte le creature che vivono di te,
ti lodano, perché tu sei il farmaco più prezioso
per le fratture e le putride ferite:
tu le trasformi in gemme preziosissime.
Degnati ora di radunarci intorno a te,
e di condurci sulla via della rettitudine.