LE MIE MANI
Le mie mani, coperte di cenere,
segnate dal mio peccato e da fallimenti,
davanti a te, Signore, io le apro,
perché ridiventino capaci di costruire
e perché tu ne cancelli la sporcizia.
Le mie mani, avvinghiate ai mie possessi e alle mie idee già assodate,
davanti a te, o Signore, io le apro: perché lascino andare i miei tesori...
Le mie mani, pronte a lacerare e a ferire, davanti a te, o Signore,
io le apro: perché ridiventino capaci di accarezzare.
Le mie mani, chiuse come pugni di odio e di violenza, davanti a te,
o Signore, io le apro: deponi in loro la tua tenerezza.
Le mie mani, si separano da loro peccato, davanti a te, o Signore,
io le apro: attendo il tuo perdono. (Charles Singer)
Nel vangelo di Giovanni il Signore dice: «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avrete amore gli uni per gli altri» (Gv 13, 35). E nelle lettere del medesimo apostolo si legge: «Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l`amore è da Dio; chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama, non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore».
Si scuotano perciò le anime dei fedeli, e con sincero esame giudichiamo gli intimi affetti del proprio cuore. E se nelle loro coscienze troveranno
qualche frutto di carità non dubitino della presenza di Dio in loro. Se poi vogliono trovarsi maggiormente disposti a ricevere un ospite così illustre, dilatino sempre più l`ambito del loro spirito con le opere di misericordia.
Se infatti Dio è amore, la carità non deve avere confini, perché la divinità non può essere rinchiusa entro alcun limite.
Carissimi, è vero che per esercitare il bene della carità ogni tempo è appropriato. Questi giorni tuttavia lo sono in modo speciale. Quanti desiderano arrivare alla Pasqua del Signore con la santità dell`anima e del corpo si sforzino al massimo di acquistare quella virtù nella quale sono incluse tutte le altre in sommo grado, e dalla quale è coperta la moltitudine dei peccati. Dobbiamo prepararci a celebrare il mistero dei peccati. Dobbiamo prepararci a celebrare il mistero più alto di tutti, il mistero del sangue di Gesù Cristo che ha cancellato le nostre iniquità, facciamolo con i sacrifici della misericordia. Ciò che la bontà divina ha elargito a noi, diamolo anche noi a coloro che ci hanno offeso.
La nostra generosità sia più larga verso i poveri e i sofferenti perché siano rese grazie a Dio dalle voci di molti. Il nutrimento di chi ha bisogno sia sostenuto dai nostri digiuni. Al Signore infatti nessun`altra devozione dei fedeli piace più di quella rivolta ai suoi poveri, e dove trova una misericordia premurosa là riconosce il segno della sua bontà. Non si abbia timore, in queste donazioni di diminuire i propri beni, perché la benevolenza stessa è già un gran bene, né può mancare lo spazio alla generosità, dove Cristo sfama ed è sfamato. In tutte queste opere interviene quella mano, che spezzando il pane lo fa crescere e distribuendolo agli altri lo moltiplica. Colui che fa l`elemosina la faccia con gioia. Sia certo che avrà il massimo guadagno, quando avrà tenuto per sé il minimo, come dice il beato apostolo Paolo: «Colui che somministra il seme al seminatore e il pane per il nutrimento, somministrerà e moltiplicherà anche la vostra semente, e farà crescere i frutti della vostra giustizia», in Cristo Gesù nostro Signore, che vive e regna con il Padre e lo Spirito Santo nei secoli dei secoli. Amen.
Dice il Signore: Non mostratevi tristi... ma lavati la faccia e ungiti la testa. Disponiamoci come ci è stato insegnato alle feste che si avvicinano: non con il volto arcigno, ma con ilarità, come si addice ai santi. Chi è abbattuto, non viene incoronato; chi piange, non ottiene il trofeo. Non essere triste mentre vieni curato. Sarebbe sciocco non rallegrarsi per la salute della propria anima, ma dolersi per la sottrazione dei cibi, mostrando così di dar più importanza ai piaceri del ventre che alla guarigione dell`anima. La sazietà è un godimento del ventre; il digiuno è un guadagno per l`anima. Rallegrati che il medico ti dà una medicina atta a cancellare il peccato. Come i vermi che germinano nell`intestino dei bimbi si cacciano con medicamenti molto aspri, così il peccato che dimora nel profondo dell`anima viene ucciso dal digiuno - che sia veramente degno di questo nome -, appena sopraggiunge nell`anima. «Ungiti la testa e lavati la faccia». La parola divina ti chiama a un mistero: chi è unto, si unga, chi ha ricevuto il lavacro, si lavi. Applica il precetto anche alle membra interne: lava la tua anima dai peccati; ungiti la testa con il sacro crisma, perché tu sia partecipe delle membra di Cristo, accedendo così al digiuno. Non oscurarti in volto come i commedianti. Il volto si oscura quando il sentimento interno viene artificiosamente celato, quasi ricoperto da un velo di menzogna. Il commediante poi sul teatro rappresenta una persona altrui: a volte recita la parte di padrone, pur essendo schiavo; o di re, pur essendo cittadino privato. Così, in questa vita, i più recitano la loro parte come su di una scena: una cosa portano in cuore, e un`altra mostrano agli occhi della gente. Non oscurare dunque il tuo volto: tale sei, tale mostrati: non trasformarti in una maschera triste e tetra, per ottenere da queste parvenze la fama di temperante. Un`opera buona pubblicata a suon di tromba non è di utilità alcuna; un digiuno annunciato al popolo non è di guadagno alcuno. Ciò infatti che si fa per ostentazione non reca frutto per la vita futura, ma si esaurisce tutto nella lode degli uomini. Accorri lieto, perciò, al digiuno!
Il digiuno è occasione di letizia. Come infatti la sete rende dolce la bevanda e la fame rende appetitosa la mensa, così il digiuno condisce il piacere dei cibi. Si pone in mezzo, interrompe la continuità nel piacere del cibo, e fa che la sua degustazione, perché interrotta, ti appaia più desiderabile. Perciò, se vuoi prepararti una mensa gustosa, accetta di intercalarla col digiuno. Ma tu, dandoti troppo al piacere, te lo rendi, senza avvedertene, insipido, e per troppo gusto sopprimi il gusto. Nulla infatti è tanto desiderabile da non diventar mai nauseante per la continua degustazione. Ma ciò che si ha raramente, lo gustiamo con avidità. Così colui che ci ha creati ha provveduto che i suoi doni ci fossero sempre grati per il loro continuo variare nella vita. Non vedi che il sole è più raggiante dopo la notte? Che la veglia è più serena dopo il sonno? E la salute è più apprezzata dopo che si è sperimentato il contrario? E così la mensa è più lieta dopo il digiuno: sia per i ricchi che mangiano bene, sia per coloro il cui cibo è semplice e frugale.
La gloria in questo mondo, gloria vana, non darmi, o mio Maestro;
Non datemi la ricchezza che si lascia, né talenti d`oro;
Non un trono eccelso, né potere su realtà che passano!
Mettimi con gli umili, con i poveri e tra i miti,
Divenga anch`io umile e mite.
Quanto al mio ufficio, se non posso svolgerlo in modo utile,
sì da piacerti e da stare al tuo servizio, permetti che ne sia discacciato
E ch`abbia a piangere solo, o Maestro, i miei peccati:
mio solo intento sia il tuo giusto giudizio
e il modo di difendermi dopo averti tanto offeso!
Sì, o dolce, buono e compassionevole Pastore,
che vuoi salvi tutti i credenti in te,
Abbi pietà, e la preghiera che invio esaudisci:
non irritarti, non distogliere da me il tuo volto,
insegnami a compiere il tuo divino volere,
poiché non chiedo che si faccia la volontà mia,ópan>
bensì la tua, e che servirti io possa, o Misericordioso!
(Simeone il Nuovo Teologo)