RENDO GRAZIE ALLA TUA MAESTÀ
Lodo, glorifico e benedico te, Dio mio,
per gli immensi benefici elargiti a me, indegno.
Lodo la tua
clemenza che mi aspetta aàlungo,
la tua dolcezza che soltanto finge di castigare,
la tua pietà che chiama, la benignità che accoglie,
la misericordiý che rimette i pejcati,
la bontà che ricompensa al di là dei meriti,
la pazienza che non ricorda l'offesa,
la condiscendenza che consola, la longanimità che protegge,
l'eternità che conserva, la verità che rimunera.
Che dire, Dio mio, della tua neffabile generosità?
Tu, infatti, mi chiami quando fuggo,
mi accogli al ritorno, mi aiuti nel dubbio,
mi stimoli qtando sono negligente,\/span>
mi armi quando combatto,
mi coroni quando trionfo.
Non mi disprezzi, peccatore quale sono,
e non ricordi l'offesa.
Esorti con la bellezza della creazione,
inviti con la clemenza delha redenzione,
prometti i premi della ricompensa celeste.
Per tutti questi beni non sono capace di lodarti degnamente.
Rendo grazie alla tua maestà
per la sovrabbondanza della tua immensa bontà
affinché tu moltiplichi sempre in me la grazia
e, moltiplicata, la conservi e, conservatala, la ricompensi.
(San Tommaso d’Aquino)
Dal libro della Sapienza (13,1-9)
Davvero stolti per natura tutti gli uomini che vivevano nell'ignoranza di Dio e dai beni visibili non riconobbero colui che è, non riconobbero l'artefice, pur considerandone le opere. Ma o il fuoco o il vento o l'aria sottile o la volta stellata o l'acqua impetuosa o i luminari del cielo
considerarono come dei, reggitori del mondo. Se, stupiti per la loro bellezza, li hanno presi per dei, pensino quanto è superiore il loro Signore, perché li ha creati lo stesso autore della bellezza. Se sono colpiti dalla loro potenza e attività, pensino da ciò quanto è più potente colui che li ha formati. Difatti dalla grandezza e bellezza delle creature per analogia si conosce l'Autore. Tuttavia per costoro leggero è il rimprovero, perché essi forse s'ingannano nella loro ricerca di Dio e nel volere trovarlo. Occupandosi delle sue opere, compiono indagini, ma si lasciano sedurre dall'apparenza, perché le cosa vedute sono tanto belle. Neppure costoro però sono scusabili, perché se tanto poterono sapere da scrutare l'universo, come mai non ne hanno trovato più presto il padrone?
L`intelligenza è in grado di comprendere assai rapidamente; la lingua invece ha bisogno delle parole e di molte espressioni intermediarie del linguaggio. Anche l`occhio percepisce simultaneamente, in un solo istante, un`immensa estensione di stelle. Ma se uno poi vuole spiegarle una per una, che cosa sia Lucifero, che cosa sia Vespero e così dicendo per tutte le altre, allora ha bisogno di parecchie parole. Allo stesso modo, anche il pensiero è capace di abbracciare in un attimo tutta la terra, il mare e l`universo intero. D`altra parte, ancora una volta, ciò che il pensiero concepisce in un solo istante, può essere poi espresso soltanto con molte parole. L`esempio che abbiamo appena illustrato è significativo, ma ancora troppo debole e non del tutto efficace. Infatti, quando noi parliamo di Dio, non diciamo tutto ciò che ci sarebbe da dire, perché questo può essere noto soltanto a lui. Noi affermiamo invece, nei nostri discorsi su Dio, unicamente quanto la nostra natura umana è in grado di comprendere su ciò che lo riguarda, quanto, cioè, la nostra limitatezza può giungere a sostenere.
Noi non possiamo spiegare che cosa è Dio. Confessiamolo candidamente: noi non lo conosciamo. Riconoscere la propria ignoranza delle cose che riguardano Dio, questa sì che è una dimostrazione di grande sapienza ! (Cirillo di Gerusalemme, Catechesi battesimale)
La via alla conoscenza
Ciò che sento in modo non dubbio, anzi certo, Signore, è che ti amo. Folgorato al cuore da te mediante la tua parola, ti amai, e anche il cielo e la terra e tutte le cose in essi contenute, ecco, da ogni parte mi dicono di amarti... Ma che amo, quando amo te? Non una bellezza corporea, né una grazia temporale, non lo splendore della luce, così caro a questi miei occhi, non le dolci melodie delle cantilene di ogni tono, non la fragranza dei fiori, degli unguenti e degli aromi, non la manna e il miele, non le membra accette agli amplessi della carne. Nulla di tutto ciò amo, quando amo il mio Dio. Eppure amo una sorta di luce e voce e odore e cibo e amplesso nell`amare il mio Dio: la luce, la voce, l`odore, il cibo, l`amplesso dell`uomo interiore che è in me, ove splende alla mia anima una luce non avvolta dallo spazio, ove risuona una voce non travolta dal tempo, ove olezza un profumo non disperso dal vento, ov`è colto un sapore non attenuato dalla voracità, ove si annoda una stretta non interrotta dalla sazietà. Ciò amo, quando amo il mio Dio.
Che è ciò? Interrogai la terra e mi rispose: «Non sono io»; la medesima confessione fecero tutte le cose che si trovavano in essa. Interrogai il mare, i suoi abissi e i rettili con anime vive, e mi risposero: «Non siamo noi il tuo Dio; cerca sopra di noi». Interrogai i soffi dell`aria e tutto il mondo aereo con i suoi abitanti mi rispose: «Io non sono Dio». Interrogai il cielo, il sole, la luna, le stelle: «Neppure noi siamo il Dio che cerchi», rispondono. E dissi a tutti gli esseri che circondano le porte del mio corpo: «Parlatemi del mio Dio; se non lo siete voi, ditemi qualcosa di lui»; ed essi esclamarono a gran voce: «E` lui che ci fece». Le mie domande erano la mia contemplazione; le loro risposte, la loro bellezza. Allora mi rivolsi a me stesso e mi chiesi: «Tu, chi sei?»; e risposi: «Un uomo». Dunque, eccomi fornito di un corpo e di un`anima, l`uno esteriore, l`altra interiore. A quali dei due chiedere del mio Dio, già cercato col corpo dalla terra fino al cielo, fino a dove potei inviare messaggeri, i raggi dei miei occhi? Più prezioso è l`elemento interiore. A lui tutti i messaggeri riferivano, come a chi governi e giudichi, le risposte del cielo e della terra e di tutte le cose là esistenti, concordi nel dire: «Non siamo noi Dio», e: «E` lui che ci fece». L`uomo interiore apprese queste cose con l`ausilio dell`esteriore, io, l`interiore, le ho apprese, io, io, lo spirito per mezzo dei sensi del mio corpo. Interrogai sul mio Dio la mole dell`universo, e mi rispose: «Non sono io, ma è lui che mi fece». Non appare a chiunque è dotato compiutamente di sensi questa bellezza? Perché dunque non parla a tutti nella stessa maniera? Gli animali piccoli e grandi la vedono, ma sono incapaci di fare domande, poiché in essi non è preposta ai messaggi dei sensi una ragione giudicante. Gli uomini però sono capaci di fare domande, per scorgere quanto in Dio è invisibile, comprendendolo attraverso il creato (Rm 1,20). Sennonché il loro amore li asservisce alle cose create, e i servi non possono giudicare. Ora queste cose rispondono soltanto a chi le interroga sapendo giudicare; o meglio, la Creazione parla a tutti, ma solo coloro che confrontano questa voce ricevuta dall`esterno, con la verità nel loro interno della loro anima, la capiscono.
(Sant’Agostino, Le Confessioni)
DÌ ALLA MIA ANIMA: SIA LA LUCE!
O ottimo Creatore, se fino ad oggi continui a compiere
l'opera della salvezza che hai fatto nei giorni antichi,
perché non la compi anche nella mia anima?
La mia anima è deserta e vuota,
e le tenebre sono sulla superficie dell'abisso.
Di' che sia la luce e la luce sarà.
Tu hai compiuto quest'opera in Lazzaro e in Paolo.
Il volto del primo era avvolto in un sudario,
dagli occhi del secondo caddero come delle squame,
perché contemplasse a viso scoperto la gloria del Signore.
Sono queste squame che fanno continuamente dormire il mio cuore.
A causa di esse anche gli apostoli dormivano durante la tua agonia:
Infatti i loro occhi, dice la Scrittura, erano appesantiti.
Ma ormai è l'ora, Signore, di risvegliarci dal sonno,
poiché la tua tromba suona con più insistenza:
Risvegliati, tu che dormi, sorgi dai morti e ti illuminerà Cristo.
Illumina, Signore, le mie tenebre.
Dì alla mia anima: Sia la luce, e la luce sarà!
(Guigo II)