AIUTACI, SIGNORE, AD AMARTI
Signore, Tu che sei venuto prima di noi,
per rivelarci il segreto della vita,
e la strada dell'Amore che porta alla felicità
crea in noi il desiderio di incontrarti per conoscerti di più
e il desiderio di conoscerti di più
per meglio seguirli e servirti.
Fa' di noi dei cercatori di Dio
non solo con intelligenza, ma anche con il cuore.
Aiutaci a trovare il tempo per Te,
non soltanto un tempo strappato
alle futilità che lo riempiono,
ma un tempo fresco, un tempo nuovo
come l'innamorato d'improvviso ne scopre
per un amore che nasce repentino
nella sua vita così piena.
LETTURA BIBLICA
Gesù ringrazia il Padre celeste perché il mistero dell'amore di Dio è stato rivelato ai piccoli, cioè ai poveri di spirito, agli umili, a coloro che sono disposti a «credere» con fede semplice e viva. A costoro Gesù rivolge il dolcissimo invito: «Venite a me...».
Queste parole del Salvatore hanno recato tanto conforto in ogni tempo ai poveri, agli afflitti, agli indifesi; e lo arrecheranno anche a noi se sapremo svuotarci della nostra superbia e andare a Cristo con cuore libero e puro.
Dal vangelo secondo Matteo (11,25-30)
In quel tempo, Gesù disse: «Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. SI, o Padre, perché così è piaciuto a te. Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare. Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero».
«Venite a me... (S. Kierkegaard: La scuola del cristianesimo)
Venite! Gesù suppone che gli infelici, gli «stanchi e affaticati» del Vangelo, sentano duramente il peso che grava su di loro e la fatica che li schiaccia, e siano immersi in un'angosciosa perplessità: uno scruta attorno a se, nella speranza di scoprire un aiuto; un altro abbassa lo sguardo a terra, per non aver trovato un conforto; un terzo alza gli occhi al cielo, quasi a implorare aiuto. Tutti cercano. Per questo Gesù dice: Venite! Non invita colui che s'è stancato di cercare e che non è più capace di essere triste.
Venite! Gesù, invitando, sa che la vera sofferenza tende a rinchiudersi nella solitudine e ad affondare in una muta desolazione, senza avere la forza di aprirsi a qualcuno, e ancor meno di aspettare coraggiosamente un aiuto. Nel suo invito, Gesù non può aspettare che gli infelici schiacciati dal peso dei loro mali vengano a lui; li chiama di sua iniziativa, sotto la spinta dell'amore. Il suo desiderio di soccorrerli resterebbe forse inefficace, se non facesse lui il primo passo, esprimendo questo invito. Dicendo infatti: Venite a me, è lui che va verso di loro.
O compassione umana, quante volte hai voluto penetrare nei segreti di un infelice per semplice curiosità e non per simpatia; e come ti è sembrato grave il suo peso quando, rispondendo al tuo invito, egli è venuto da te! Ma colui che pronuncia questo Venite!, questa parola che ci libera, certamente sa quello che fa rivolgendoti questo invito, e non ti deluderà quando verrai da lui per trovar riposo, affidando a lui il tuo fardello. Questa parola sgorga dall'intimo del suo essere e rimane carica del suo amore: se tu ne segui il richiamo, essa ti ricondurrà naturalmente al punto da cui era partita. Oh, se tu accettassi l'invito: Venite! Esso suppone che gli infelici gravati dal peso siano tanto stanchi, scoraggiati, sfiniti e così immersi in una sorta di torpore, da dimenticare che c'è una consolazione. O meglio, Gesù lo sa fin troppo bene: non c'è né consolazione né aiuto fuori di lui. Per questo egli ci rivolge il richiamo: Venite!... Non importa quanto grave è la tua fatica, la stanchezza per il lavoro o il cammino, così lungo eppure così vano, che hai percorso fino alla ricerca di un aiuto, di una salvezza. Se ti sembra di non poter più fare un passo, di non poter più resistere neppure per un momento senza venir meno: ancora un passo, ed ecco il riposo! Venite!
E se qualcuno si trovasse così preso dallo sconforto da non riuscire neppure a muoversi, ebbene, basterebbe un sospiro: desiderare lui, è già arrivare a lui.
Sicurezza nella speranza (P. Gabriele di S.M. Maddalena)
La fede ti fa conoscere Dio; tu credi in lui con tutte le forze, però non lo vedi. La tua fede ha dunque bisogno di essere sostenuta dalla certezza che un giorno vedrai il tuo Dio, lo possederai e potrai unirti a lui in eterno. Questa certezza te la dà la virtù della speranza la quale ti presenta Dio come tuo bene infinito, come tua mercede eterna. La fede ti dice: Dio è bontà, bellezza, sapienza, provvidenza, carità, misericordia infinita; e la speranza soggiunge: questo Dio così grande e così buono è tuo, egli vuol essere il tuo possesso e la tua beatitudine eterna, non solo, ma nell'attesa del cielo, fin da quaggiù, vuol essere da te posseduto mediante la carità e la grazia. Tu guardi Dio infinito, perfettissimo, così immensamente al di sopra dite, creatura debole e misera, e pensi: ma, come potrò giungere a lui, come potrò unirmi a lui che supera infinitamente le mie capacità? E la speranza ti risponde: lo puoi, perché Dio stesso lo vuole, anzi, proprio per questo fine egli ti ha creato e ti ha elevato allo stato soprannaturale. Il Concilio di Trento insegna che tutti dobbiamo avere una fermissima speranza nell'aiuto di Dio, aiuto che egli ha formalmente promesso a coloro che ricorrono a lui con fiducia: «Il Padre vostro non darà forse cose buone a coloro che gliele domandano?» (Mt 7,11). Le «cose buone» promesse da Gesù sono anzitutto quelle compendiate nell'atto di speranza: «la vita eterna e le grazie necessarie per meritarla». È questo l'oggetto della speranza, è questo che dobbiamo chiedere e invocare prima di ogni altra cosa. Quando ti metti di fronte a Dio, al fine altissimo dell'unione con lui, intuisci subito che il grande ostacolo che si frappone fra te e Dio sono i tuoi peccati, la tua fragilità e la tua miseria, per cui ti è tanto difficile vivere in modo degno di Dio. Ma la speranza ti viene incontro assicurandoti, da parte della misericordia infinita, il perdono dei tuoi peccati. Non solo, ma Dio vuole che tu sia parimenti sicuro che egli ti concederà le grazie necessarie per vivere bene, per vincere le tue tentazioni, per progredire nelle virtù; proprio così conseguirai l'unione con lui, non solo in cielo, ma anche sulla terra. Il tuo ideale, ideale di santità, non è, quindi, irrealizzabile! E Dio vuole che aspetti tutto questo da lui, non perché tu ne sia meritevole, ma perché egli è infinitamente buono, sempre pronto a venire in nostro soccorso... Dio vuole che tu sia sicuro di ciò. La sicurezza è una proprietà della speranza perfetta e Dio vuole che tu eserciti questa virtù con perfezione.
CHIEDIAMO CHE IL SIGNORE CI ACCOLGA
Accoglimi, Signore Gesù, vero amico degli uomini,
allo stesso modo con cui accogliesti la peccatrice,
il buon ladrone, il pubblicano e il figliol prodigo;
liberami dal peso dei miei peccati.
Tu che togli i peccati del mondo,
guarisci le infermità degli uomini
e invita a riposarsi coloro che sono stanchi ed afflitti.
Tu che non sei venuto a chiamare i giusti,
ma i peccatori a penitenza, purificami da ogni macchia
del corpo e dello spirito, e insegnami a diventare migliore.
(Dalla Liturgia Greca)